La Guardia di Finanza di Marcianise ha scoperto un magazzino a Marcianise utilizzato per lo stoccaggio di gioielli contraffatti a marchio “Pandora”, venduti da un commerciante operante all’interno del noto centro orafo “Il Tarì”. Sequestrati 2.860 monili riportanti i disegni industriali e il logo contraffatto, oltre a quasi 900 articoli utilizzati per il loro confezionamento.
Non è passato neanche un mese dalla scoperta, sempre a Marcianise, da parte dei finanzieri della locale Compagnia, di un laboratorio completamente abusivo dove venivano realizzate migliaia di copie dei famosi charm a marchio “Pandora” e ora gli stessi finanzieri sono tornati a sequestrare ancora migliaia di pezzi contraffatti pronti a invadere il mercato locale.
Questa volta le Fiamme Gialle hanno bussato alla porta di un rivenditore, rappresentante legale di una società napoletana operante nel settore del commercio di gioielli e orologi, estendendo il controllo non solo al punto vendita, ma anche ad un locale situato nelle immediate vicinanze del centro orafo, preso in locazione dalla stessa società, ma non dichiarato come unità locale dell’impresa.
E proprio accedendo a questo magazzino che i finanzieri hanno rinvenuto i monili contraffatti, 2.860 preziosi tra cui charm, bracciali, collane ed anelli, lì stoccati con il fine di nasconderli a eventuali controlli delle Forze di Polizia presso l’esercizio aperto al pubblico.
Nel locale commerciale, invece, è stato rinvenuto il materiale necessario al confezionamento. Circa 900 pezzi tra buste, scatole, sacchetti e certificati di autenticità, anch’essi riportanti il marchio contraffatto della nota griffe.
Il responsabile, E.M., 50enne napoletano residente a Mugnano del Cardinale, in provincia di Avellino, che non è stato in grado di giustificare la legittima provenienza del materiale in suo possesso, è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere per le ipotesi di reato di ricettazione e contraffazione.
Scongiurato, dunque, un significativo danno per il brand e tutelata la buona fede e la salute dei consumatori, concretamente messa in pericolo dall’utilizzo di sostanze chimiche e materiali non sicuri e privi delle certificazioni sanitarie richieste dalla legge. Le indagini proseguono al fine di ricostruire l’intera filiera del falso, partendo dalla catena di approvvigionamento dei materiali fino alla rete di vendita al dettaglio, in modo tale da ricostruire il giro d’affari dei falsari e recuperare a tassazione i proventi dell’intera attività illecita.