L'ordine del clan alla Lega: attaccate Ciriaco De Mita

Il figlio del boss parlava degli equilibri criminali con il segretario Morano

Notte insonne del procuratore Melillo nel comando carabinieri di Avellino per coordinare arresti e perquisizioni

Avellino.  

Che potesse nascere uno ad Avellino che avesse il coraggio di dire a Sergio Marinelli “mettetevi a dormire... altrimenti...” non si sarebbe immaginato neanche in una fiction. Il nome evoca, a torto o ragione, in ogni caso a pendenze con la giustizia abbondantemente saldate, gli anni ruggenti dei cutoliani della Nco. Qui si deve superare il diritto all'oblio perché, nero su bianco, c'è anche questo nelle intercettazioni dell'Antimafia a Damiano Genovese, il figlio del boss Amedeo recluso con un ergastolo da scontare. Lui, Damiano, ne parla con dovizia di particolari a Sabino Morano, l'uomo che dal 2018 ha rappresentato e oggi rappresenta il volto della Lega in Irpinia.

Inquietante. Ma non è tutto.

È la prima volta che un filone “politico” finisce in un fascicolo della Distrettuale. Nel decreto che autorizza le perquisizioni presso studi di avvocati, attività imprenditoriali e dispone importanti sequestri i nomi di “politici” sono molti. Almeno quanti gli omissis di cui è infarcito a ogni capoverso il dispositivo. Gli omissis sono i “colpi in canna” della Direzione distrettuale che, ieri, ha mobilitato tutti i suoi big, portando i sostituti Simona Rossi, Luigi Landolfi e Henry John Woodcock a seguire di persona le perquisizioni di carabinieri e finanza, e il procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo per una intera notte presso il comando provinciale dei carabinieri di Avellino.

La camorra aveva le idee chiare. Sostenere propri candidati (Damiano Genovese) e poi imporre la linea. Sconcertante l'ordine partito nel 2018 (Cinque stelle al governo della città con l'anatra zoppa che li costringeva al dialogo con gli altri partiti): attaccare Ciriaco De Mita, evidentemente vissuto come potenziale nemico.

Ma attenzione.

Il giro di vite della Direzione distrettuale antimafia di Napoli è come un salto temporale: ci riporta al 2018 e agli equilibri criminali di allora. È sì una risposta dello Stato all'intraprendenza criminale ad Avellino e in Irpinia (soprattutto Alta), ma nulla ha a che vedere con i recenti episodi verificatisi in città. Quindi, chi mette in relazione arresti, perquisizioni e sequestri di oggi alla bomba all'imprenditore Sergio Galluccio o ai colpi di arma esplosi contro le vetture della famiglia Genovese sbaglia. E tanto.

Che si tratti di una fotografia vecchia lo dimostra la data in calce alle 880 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare: Gip di Napoli 17 settembre 2019, mentre bomba e raffica contro le auto sono del 22 settembre.

E se è vero, come dice la Dda, che tra i nuovi capi del clan Partenio e gli altri gruppi di potere (i Forte) c'era piena sintonia, il giallo della bomba e dei colpi di pistola resta irrisolto.

Chi ha sgarrato con chi?