Racket eolico, spara con un mitra: «Assolto. E' troppo alto»

La clamorosa sentenza in Appello ribalta la condanna di primo grado. Decisivo un attore e un video

Donato Leone, condannato in primo grado a oltre quattro anni, è stato clamorosamente assolto in Appello. Decisiva una perizia che si avvalsa di drone e attore.

Lacedonia.  

 

di Andrea Fantucchio 

Una serie di raid armati contro gli impianti eolici irpini. Uomini feroci che imbracciavano dei kalashnikov. Scariche di proiettili e un messaggio chiaro agli imprenditori: dovete pagarci. Fra il 2015 e il 2016 l'Alta Irpinia era attanagliata dal terrore. Poi lo Stato si era mosso e alcune persone erano state fermate. Per uno di questi, Donato Leone, 58 anni, alle spalle diversi precedenti per associazione a delinquere, il destino aveva in serbo una svolta inattesa, che si è concretizzata oggi pomeriggio di fronte ai giudici della Quinta Sezione della Corte d'Appello di Napoli: i magistrati lo hanno assolto, ribaltando clamorosamente il verdetto di primo grado.

L'imputato stava scontando una pena di 4 anni e 6 mesi: inflitta col rito abbreviato. Leone era accusato di almeno dieci episodi con contestazioni di tentata estorsione e porto abusivo di arma da guerra (proprio i kalashnikov). I suoi avvocati, Gaetano Aufiero e Mario Malcangi, nonostante alcune intercettazioni, erano riusciti a ottenere l'assoluzione per nove casi. Non il decimo, registrato a Lacedonia, che gli era costato una condanna aggravata dai precedenti.

Non era bastata una perizia della difesa che contestava l'altezza dell'uomo ripreso dalle telecamere: molto più basso dell'imputato, che supera il metro e novanta. Nella ricostruzione si prendeva come riferimento anche un cartello dell'alta tensione, posto a oltre due metri da terra, appeso a una recinzione che circondava l'impianto eolico. Eppure il gup non aveva voluto sentire ragioni: fidandosi della ricostruzione offerta dai carabinieri e ipotizzando che il cartello fosse stato spostato. Ora in Appello è arrivato il “ribaltone”. Merito di una perizia che, per la sua singolarità, ha ricordato le trovate del celebre penalista di una serie cult americana, Perry Mason, e che soprattutto ha  finito per convincere anche il Procuratore Generale, Luigi Musto, a rivedere i propri convincimenti e a non chiedere la condanna.

L'avvocato, Gaetano Aufiero, si è avvalso di un attore e di un drone per le riprese. Il figurante in questione era alto quanto l'imputato e ha riprodotto in modo fedele le riprese catturate dalle telecamere. A quel punto tutto era decisamente più chiaro: un uomo alto come Leone non poteva proprio aver sparato in quel modo. Lo stesso avvocato, animato dallo spirito di improvvisazione, si è fatto riprendere sulla scena, a due passi dalla recinzione, e ha dimostrato come il colpevole fosse meno alto di lui: e quindi ben sotto il metro e settanta. 

A questa ricostruzione si è aggiunta una ulteriore e autorevole prova: la consulenza redatta dal capitano dei Ris di Roma, Chantal Milani, con un Master in Scienze Forensi. La relazione ha confermato come l'imputato non poteva essere associato dall'identikit emerso dagli elementi emersi in fase di indagine. Per Leone così si sono aperte le porte del carcere: è un uomo libero.