Pale eoliche incendiate: gli indagati rispondono al giudice

Hanno deciso di rispondere alle domande del gip. Sono accusati di tentata estorsione.

I carabinieri avevano arrestato cinque persone accusate di tentata estorsioni e finite al centro di un'indagine sul presunto racket dell'eolico in Irpinia.

Bisaccia.  

 

di Andrea Fantucchio

Sono iniziati questa mattina gli interrogatori degli indagati nell'inchiesta sul racket dell'eolico in Alta Irpinia. I carabinieri avevano arrestato cinque persone accusate di aver danneggiato alcuni impianti di energie rinnovabili per chiedere soldi agli imprenditori. Oggi quattro di loro hanno respinto le accuse in dei lunghi interrogatori resi dinanzi al gip, Vincenzo Landolfi.

«Mai fatto pressione su qualcuno». Ha spiegato un imprenditore 70enne di Bisaccia, difeso dall'avvocato Giovanni Antonio Cardellicchio. All'indagato sono stati revocati i domiciliari sostituiti con l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Hanno respinto le accuse anche altri tre indagati rappresentati dall'avvocato Carmine Ruggiero.

Nell'ordinanza di applicazione delle misure cautelari si faceva riferimento a diversi episodi di danneggiamento agli impianti eolici. Alcuni a Bisaccia e Lacedonia nell'estate del 2017.

Ad Agosto, a Bisaccia, era stato appiccato un incendio a una pala eolica utilizzando liquido infiammabile e dei copertoni. Per poi chiedere – secondo l'accusa – dei soldi all'impresa proprietaria dell'impianto. Tre mesi prima, sempre nel comune altirpino, era stato danneggiato un trasformatore elettrico con una catena. Una danno che sarebbe servito a far pressione su una società di energie rinnovabili poi presa di mira anche a Lacedonia. Il 23 agosto, infatti, un incendio doloso aveva danneggiato una pala eolica che appartaneva alla stessa azienda.

Le indagini sono state condotte dai carabinieri della compagnia di Sant'Angelo dei Lombardi, agli ordini del comandante Ugo Mancini. Nell'ordinanza del gip si fa riferimento ad altre persone, non identificate, che avrebbero preso parte agli episodi di danneggiamento. E che, in alcune intercettazioni, vengono chiamate «infami» da alcuni indagati.