di Luciano Trapanese
Sul brutale omicidio di Michele Tornatore indaga l'antimafia. Il corpo del 62enne di Contrada è stato trovato venerdì mattina. Completamente carbonizzato. Era nella Micra grigia presa a noleggio, in via Pastenate, all'interno di una discarica, nella periferia del paese della vittima.
Non è stata ancora disposta l'autopsia (gli inquirenti decidono nelle prossime ore). L'incarico verrà affidato al medico legale, Carmen Sementa.
Dall'esame esterno del cadavere sembra comunque che il 62enne sia stato prima ucciso con un colpo di pistola e poi bruciato. Il cadavere è stato rinvenuto – orrendamente sfigurato – nel cofano della vettura.
Molto probabilmente il delitto è stato commesso martedì sera. Il gps dell'auto ha fornito segnali fino alle 20,20 circa. Ed era proprio lì, in via Pastenate, dove poco dopo è stata incendiata. La vettura è stata trovata tre giorni dopo da due operai del comune di Contrada. Abbandonata a pochi passi dalla discarica dismessa. Sembrava solo un rottame. Ma dentro c'era il corpo di Michele Tornatore.
L'uomo era in semilibertà. Avrebbe dovuto far ritorno nel carcere di Bellizzi. Ma non si è più visto. Proprio per questo nei suoi confronti era scattata anche una denuncia per evasione.
Le modalità dell'omicidio lasciano supporre una esecuzione in stile camorristico. Non sorprende quindi che a condurre le indagini dei carabinieri del nucleo operativo e della compagnia di Baiano siano gli inquirenti della dda di Napoli.
Michele Tornatore aveva una serie di precedenti. Nel 2004 è stato condannato dai giudici del tribunale di Torino a sei anni di reclusione. L'accusa: riciclaggio e ricettazione. Sarebbe stato responsabile insieme ad altri complici di un vasto traffico di auto e veicoli industriali rubati.
Andando a ritroso, fino al 1999, la storia di Tornatore si colora di un altro episodio inquietante: è stato vittima di un attentato a Montoro. Una gambizzazione. All'epoca gestiva delle officine. Non si è mai stabilito con certezza se quell'agguato sia stato commesso nei suoi confronti dal racket delle estorsioni o se invece ad armare la mano dei sicari sia stato un avvertimento di tipo diverso.
Ma perché Michele Tornatore sarebbe stato ucciso da personaggi evidentemente vicini al crimine organizzato? Perché quella brutale esecuzione? Si cerca naturalmente sia nei suoi rapporti in carcere, sia sul luogo dove lavorava nelle ore del giorno (una officina), prima di far rientro in cella.
Gli investigatori non hanno molti elementi. E soprattutto, se il delitto è stato commesso tre giorni fa la pista è ora inevitabilmente fredda.
Si stanno ricostruendo le ultime ore di vita del pregiudicato. Chi ha visto, con chi ha parlato a telefono.
Si stanno ascoltando amici, parenti e conoscenti. Anche per capire se Tornatore fosse preoccupato o avesse raccontato a qualcuno di sentirsi minacciato.
Non si può escludere del tutto l'ipotesi di uno sgarro commesso in carcere. Un affronto nei confronti di qualche intoccabile.
Il riserbo degli investigatori è totale. Non filtra la più piccola indiscrezione. L'impressione è che non ci siano al momento elementi importanti nelle mani dei carabinieri.
Difficile trovare indizi sull'auto. Il fuoco ha distrutto tutto.
Omicidi di questo tipo non si verificavano da tempo in provincia di Avellino. Dopo la stagione di fuoco del clan Partenio (decine di delitti in pochi anni), non si erano più registrate esecuzioni. Solo delitti commessi per ragioni personali o passionali. Come l'ultimo a Contrada, quello di Sabino Cipolletta, nel settembre del 2009. Era un dipendente comunale, venne ucciso a martellate. Ma era un'altra storia.