di Simonetta Ieppariello
«Ho scoperto il mio male di domenica, in un camper. Una domenica qualunque. No. Quella era una domenica di prevenzione gratuita. Quella era una domenica come altre centinaia di domenica in cui medici volontari regalano il loro impegno e visitano donne e uomini per la salute. Su tutti Carlo Iannace che a Paternopoli quel giorno doveva fare poco o niente». Le visite erano di altro tipo cardiologiche e endocrinologiche quel giorno a Paternopoli. «Ma lui, il dottore Iannace, come sempre, non lesinò il suo impegno». Michela Petruzzo 49 anni ricorda quel giorno di ottobre come fosse ieri. La sua amica la convince e lei si decide a farsi controlalre. «Bastò poco al dottore Iannace. Mi guardò. Capii subito. Quello è stato il momento più difficile. Da oltre un anno facevo ecografie e tutti i medici mi avevano detto di non preoccuparmi. Credo che il dottore Iannace abbia un dono divino. La sua bravura, la sua eccellenza nel capire, diagnosticare, intervenire è fuori dal comune. Ma credo che la sua dote più strepitosa sia quella di capire il paziente. Stargli accanto, senza pietismi ma concretamente guidandola consigliandola, spiegandole con sincerità cosa sta accadendo».
Michela Petruzzo ha un marito e due figli. La sua vita in quella domenica della prevenzione cambiò. «E ringrazio Dio che sia accaduto - spiega -. Meglio sapere che aver paura di conoscere. Meglio prendere coscienza che pensare, come ancora sento a tante donne dire: “come va così ce la prendiamo”.
La prevenzione è fondamentale. Conoscere, capire e intervenire sono le uniche armi che possiamo mettere in campo contro il cancro che è il male del secolo». Nel racconto di Michela i passaggi di quell’anno e mezzo prima della diagnosi.
«Sentivo quella massa sotto le dita da mesi. Ogni controllo, lo stesso esito. “Non si preoccupi, è una cisti”. La busta con le mie ecografie era sempre più voluminosa. La portavo con me ad ogni controllo. Ogni medico mi rassicurava, ma di serenità in cuor mio ne avevo poca. Poi quella domenica di ottobre in quel camper incontrai Iannace e la mia vita è cambiata». Dopo due giorni era al Moscati alla Breast Unit. «Effettuammo la biopsia immediatamente. Mi venne subito prescritta una chemio neocoadiuvanti. Sei cicli dei più duri per sei mesi. Poi l’intervento per rimuove quella massa di oltre tre centimetri. Ad aprile del 2015 sono stata operata al seno».
Ma il vero cambiamento, profondo, di Michela è stato quello di impegnarsi nel volontariato. «Ho fondato l’Amos a Paternopoli e con me ci sono altre nove splendide ragazze e il nostro adorato William. Nessuno di loro, ringraziando il Signore, è malato. Ma questo da un valore in più al nostro impegno. Ogni qualvolta qualche donna nelle nostre domeniche scopre quello che ho scoperto io, le sono vicina. La mia salvezza è stata la rete le donne Amos e Amdos. Il dolore, le paure ci sono sempre, ma parlarne resta l’unica via possibile per affrontare la battaglia. L’Amos a Paternopoli è nata con me e vederla crescere mi emoziona. Mi ritengo fortunata. Gli effetti della chemio non sono stati devastanti. Sono sotto terapia ormonale e attualmente le mie condizioni di salute sono buone. Ma il futuro sono la prevenzione, la cura e la ricerca. Le parole di Iannace restano il ricordo più prezioso: “tu sei guarita, non sei mai stata malata perchè sei riuscita a combattere questo male con la testa. Con forza e coraggio”. Lo racconto ad ogni donna che si ammala. Il cancro davvero si può sconfiggere. Io e le altre ne siamo testimonianza. Oggi cosa faccio? Vivo, lotto e sorrido.».