In occasione della giornata mondiale della consapevolezza sull’endometriosi che ricorre domani 28 marzo, in diversi comuni italiani, si svolgono campagne per fare luce su questa patologia subdola.
"Anche nei comuni Irpini - si legge in una nota - inizia a “muoversi qualcosa” con gesti di rappresentanza che, tuttavia , costituiscono il primo passo in territori in cui c’è preoccupante disinformazione per diffondere l’informazione verso una malattia tutt’altro che rara. Chissà se anche in queste territori si accenderà qualche luce di speranza.
Basti pensare che, pur essendo l’endometriosi decisamente sottostimata, solo in Italia, il 10-15 % delle donne in età riproduttiva ne è affetta, circa 3 milioni di donne hanno una diagnosi conclamata e che la malattia ha un’incidenza pari a patologie come il diabete a cui viene riservata ampia risonanza. Gli studi più recenti indicano che circa una donna su 7 ne viene colpita con un ritardo diagnostico stimato di 10 anni.
La causa è ancora sconosciuta. Sebbene ci siano diverse ipotesi patogenetiche, nessuna è esaustiva a spiegare la presenza di cellule simili all’endometrio al di fuori dell’utero. Tali elementi cellulari vanno a depositarsi a livello degli organi dello scavo pelvico e addominale( anche se sono note altre localizzazioni come quella diaframmatica e polmonare oltre che cutanea) e rispondono agli stimoli ormonali proliferando, creando nuovi vasi ed un’ambiente pro-infiammatorio. Ciò, nel tempo, porta alla formazione di aderenze, alla distorsione degli organi coinvolti con compromissione della funzione. Perciò, se non trattata, la patologia può portare anche a quadri di maggiore severità che richiederanno interventi terapeutici più complessi.
Il primo campanello d’allarme è la presenza di dolore durante e tra i cicli mestruali da molte donne ritenuto essere ancora erroneamente normale anche quando l’intensità è tale da non consentire una vita normale. Purtroppo,col tempo, il dolore può evolvere in un dolore pelvico radicato e difficile da trattare.
Spesso l’Endometriosi si associa a vulvodinia con dolore fino all’impossibilità nei rapporti sessuali, dolore o disfunzione con l’evacuazione, disturbi gastroenterici come il classico quadro di “Endobelly “(elevato senso di gonfiore e dolore addominale), disturbi della minzione e dolore irradiato agli arti inferiori che può alterare la normale deambulazione. Tali sintomi possono presentarsi con quadri di gravità diversa. Nel 50% dei casi provoca problemi di infertilità.
Il motivo del ritardo diagnostico risiede nella disinformazione della popolazione ma anche purtroppo dei sanitari.
È possibile individuarla associando al dato clinico-anamnestico una visita ginecologica ed un’ecografia eseguita da personale specializzato oppure il supporto di una risonanza magnetica che è necessario vada analizzata da professionisti esperti nello studio della malattia. Perciò è indifferibile l’esortazione per le donne con sintomi a non fermarsi anche quando viene detto che non c’è nulla, che si tratta di ansia o che “è tutto nella propria testa!”.
Le opzioni terapeutiche, come le terapie ormonali, non portano ad una cura della malattia ma sono messe in campo per controllare i sintomi. L’intervento chirurgico viene invece riservato a casi di sintomi persistenti o con compromissione d’organo.
Nel 2022 il presidente francese Macron annuncia un piano nazionale per combattere l’endometriosi riconoscendone la “lunga durata” con il totale rimborso delle spese sanitarie, definendola “una patologia sociale e non delle donne”, denunciando il disagio delle donne affette da una patologia che crea disabilità importante ma che per anni non vengono credute, né in ambito sociale né lavorativo, con importanti ripercussioni sulla qualità di vita.
In Italia l’endometriosi è inserita, dal 2017, nei nuovi Lea, nell’elenco delle patologie croniche riconoscendo, solo ai quadri più avanzati e con diagnosi istologica, una magra esenzione rispetto alle reali esigenze delle donne affette ed escludendo i quadri lievi o in cui non si è raggiunta una diagnosti post-chirurgica.
Sono note proposte di legge depositate in parlamento “arenate “ da anni senza un’evoluzione. Nonostante l’impatto sociale e sanitario, la ricerca verso la malattia è insufficiente.
Considerando l’estensione della patologia ed anche valutando l’impatto sulla natalità, attualmente ai minimi storici, è auspicabile un maggiore impegno da parte degli organi informativi e sanitari nel contrastare la disinformazione e la negligenza verso questa malattia sociale anche e soprattutto nelle piccole realtà comunali in cui tale mancanza è ancora più grande.
È altresì prioritario - conclude la nota - portare l’informazione nelle scuole, alla fascia d’età critica per l’insorgenza della malattia e promuovere la formazione medica su questa tematica".