Lettera aperta di Piero Mastroberardino: "A qualcuno piace bruno..."

L'imprenditore del vino ha inviato alla nostra redazione una nuova missiva sul caso Camera Commercio

lettera aperta di piero mastroberardino a qualcuno piace bruno

Dall'imprenditore Piero Mastroberardino riceviamo e pubblichiamo

Avellino.  

 Caro direttore,

dichiaro subito il mio intento di lanciare la pallina in tribuna. Confido così di por fine ad un ping pong che, nonostante i miei sforzi di prenderla anche un po’ alla leggera, rischia di divenire stucchevole.

Sarò breve (si fa per dire), limitandomi ad alcune precisazioni alla risposta alla mia lettera del 27 luglio (“Dr. Jekyll & Mr. Hyde, ovvero: di urticanti e di emollienti”), pubblicata dal tuo giornale il 28 luglio scorso (sotto il titolo “Staglianò replica a Mastroberardino”).

Gli apprezzamenti che mi sono rivolti anche in questa occasione testimoniano i cordiali sensi di amicizia e di stima riservatimi dal tuo collega, tanto più graditi in quanto del tutto gratuiti, non avendo mai avuto la ventura di incontrarlo. Per non approfittare dei suoi favori, con il dovuto garbo, ho ritenuto di evitare di impegnare le sue pagine.

Questa condizione, a quanto ho inteso dal suo scritto, mi ha precluso l’accesso all’esame per il rilascio della patente di “sensibilità democratica”. Esprimo tutto il mio rammarico e prometto che, prima della fine di questa mia, rifletterò seriamente sulle modalità per porvi rimedio.

En passant rilevo che il replicante dedica le sue attenzioni solo ad alcuni degli argomenti della mia nota del 27 luglio, mentre glissa distratto sul branco di elefanti che amabilmente prendono il tè nel suo salotto.

In merito alla vicenda consortile non ho molto da aggiungere. Quanto è stato divulgato ai miei riguardi è già oggetto di diverse attenzioni, dunque mi pare inopportuno discuterne in questa sede.

Non commento le “ragioni di prossimità e di amicizia con Teresa Bruno”, nonché la candida rivelazione secondo cui “riferimenti di peso dell’universo confindustriale provinciale, coinvolti nella contesa per il rinnovo dei vertici del Consorzio”, fossero “ovviamente schierati a sostegno di Teresa Bruno”.

Mi sfugge il senso dell’asserita ovvietà (sarà certo un mio limite), ma registro l’ammissione, che peraltro conferma quanto affermavo nella mia nota del 5 maggio scorso affidata proprio al tuo giornale.

D’altronde, se “a qualcuno piace bruno”, non possiamo che rispettare le sue inclinazioni.

Con eguale schiettezza, dopo la difesa d’ufficio “dell’ex presidente provinciale e regionale di Confindustria Sabino Basso” (evidentemente, “a qualcuno piace bruno, ma anche basso”), il giornalista scrive:

“Negare che la vicenda del Consorzio abbia di fatto reso impossibile il sostegno di Confindustria Avellino alla candidatura di Mastroberardino vuol dire, dal nostro punto di vista, negare l’evidenza.”

Anche questo elemento torna utile, poiché testimonia il nesso di causalità tra le graziose attenzioni riservatemi nella prima vicenda e gli effetti che le stesse avrebbero prodotto nella seconda.

Qui non era tuttavia in discussione la logica retrostante, bastava la conferma della correlazione tra i “riferimenti di peso dell’universo confindustriale provinciale” (“a qualcuno piace bruno, basso e pure pesante”) che lavorarono per rovesciare le sorti della partita consortile e l’analoga azione posta in essere, dai medesimi soggetti, nella vicenda della CCIAA. In entrambi i casi il medesimo bersaglio. E in entrambi i casi la medesima voce narrante. E non dobbiamo neppure fare lo sforzo di cercare indizi di quel disegno unitario, poiché sono – a detta del cronista – di tale evidenza da apparire ovvi.

Non vorremmo d’altronde esser noi a “negare” quella “evidenza”. Abbiamo invece sindacato il modo, che – al di là della rozzezza ostentata da certi protagonisti con malcelato orgoglio – appare alieno da persone che normalmente onorano la parola data o la firma apposta. Ma questa è un’altra storia, a cui non tutti – è… evidente – attribuiscono pari valore.

Alla fine capisci… e impari che da certe persone è bene evitare di acquistare un’auto usata.

Di norma, sono quelle a cui qualcuno affida la gestione di enti pubblici…

Passando al tema delle manovre politiche, segnalo sommessamente all’amico giornalista che quanto ho riportato non scaturisce da soffiate di spie del KGB né da voci di corridoio, magari “sparate nel mucchio”, bensì l’ho appreso dalla lettura di alcuni quotidiani sanniti, in particolare La Gazzetta di Benevento e Il Sannio Quotidiano, di cui riporto qui di seguito, testualmente, alcuni estratti.

La Gazzetta di Benevento il 19 luglio ha titolato con giubilante risalto:

“Il nuovo presidente della Camera di Commercio si è recato a casa Mastella. Il sindaco soddisfatto del risultato dopo il sostegno datogli”,

dettagliando poi, nel corpo dell’articolo:

“… nella mattinata, subito dopo la sua elezione, il nuovo presidente della Camera di Commercio Sannio-Irpinia, Pino Bruno, è stato a casa Mastella. L’incontro, ci hanno detto, è stato molto cordiale e Mastella si è mostrato particolarmente felice di questa elezione visto che l’ha sostenuta. Non ci sono riscontri a quanto i due si siano detti, ma è ragionevole pensare che si sia pensato anche alla elezione del vice presidente che dovrebbe spettare al Sannio”.

E, visto che “è ragionevole pensare” (sic!) che la discussione in merito alla nomina del vicepresidente della Camera di Commercio sia avvenuta, secondo il giornalista, tra Mastella e Bruno, lo stesso si spinge a pubblicare indiscrezioni, non so quanto fondate, sul nome della probabile vicepresidente, anch’ella annoverata dal giornale tra i mastelliani praticanti: “essa potrebbe essere Annarita De Blasio (…) recentemente nominata da Mastella (…) nel consiglio generale del Consorzio ASI”.

Il quotidiano inizia dunque a svelare una intricata trama di relazioni trasversali.

Il 20 luglio il Sannio Quotidiano sopraggiunge con l’insalata di rinforzo, scrivendo:

“La carta Bruno, svelata in esclusiva da Il Sannio quotidiano già ad inizio luglio, è rimasta coperta durante le prime due votazioni.”

NdR: questa frase, per inciso, è una slavina che travolge le goffe giustificazioni e ricostruzioni temporali rese in merito al discutibile comportamento suo e della sua associazione dal presidente di Confindustria Avellino Emilio De Vizia, come ho chiarito nella mia precedente nota del 27 luglio su queste stesse pagine, alla quale rinvio per gli approfondimenti del caso.

E ancora, a seguire nel medesimo articolo:

“A Benevento per la candidatura di Bruno simpatizzava, naturalmente dall’esterno, anche il sindaco di Benevento Mastella. I mastelliani tifavano per lui in nome di una lunga amicizia e gli hanno garantito sostegno elettorale, come dimostra il sostegno a Bruno di Pucillo, ex presidente dell’Ordine degli Ingegneri, candidato con Mastella alle comunali e consigliere per le Professioni all’Ente camerale. Né è un segreto nemmeno che gli stessi ambienti vicini al mondo deluchiano gradivano la soluzione dell’ex presidente di Confindustria.”

Mentre la trama s’infittisce, sempre più intrisa di confluenze verso il medesimo “centro di gravità permanente”, prendiamo atto che “a qualcuno piace assai bruno… quasi corvino”.

A seguire:

“Il Sannio avrà l’agenzia Valisannio (Ignazio Catauro in pole position) ma anche la vicepresidenza”.

Vi risparmio i commenti al vetriolo che gli attuali compagni di cordata del Catauro – La Stella, De Vizia e Bruno in testa – hanno speso durante l’arco dell’intera campagna elettorale all’indirizzo del medesimo. Non svelo, d’altronde, alcun retroscena: è avvenuto in pubblici consessi.

La stessa testata definisce addirittura “entusiastiche per la vittoria di Bruno le dichiarazioni del presidente ASI, di rito mastelliano, Luigi Barone, che ha remato a favore dell’elezione dell’imprenditore dei generatori elettrici.”

Registriamo dunque anche il sostegno dei vogatori.

Manca poco che accendiamo le luminarie e diamo corso ai festeggiamenti in piazza con tanto di processione con effige del santo…

Potrei continuare a lungo, ma mi contengo, per brevità – sia chiaro – non certo per decenza.

Mi limito a richiamare l’attenzione sul dottrinario riferimento al “rito mastelliano”, espressione che evoca addirittura una liturgia, a sostegno d’una fede incrollabile, coerente col cerimoniale di un culto religioso.

Continua il giornalista (occhio al caffè!):

“Tu m’insegni che quando si muovono accuse di tale gravità o si fanno i nomi, portando a sostegno prove inconfutabili, o si finisce con lo sparare nel mucchio.”

Alla luce delle citazioni, non mi pare si debba ricorrere all’arguzia del tenente Colombo e al suo gualcito trench: basta leggere quanto i suoi colleghi hanno scritto, che peraltro nessuno si è peritato di smentire.

Approfitto per segnalare che proprio il sostegno citato nel pezzo de Il Sannio, dato a Bruno da Pucillo, ex presidente dell’Ordine degli Ingegneri che siede nel Consiglio Camerale in rappresentanza della Consulta delle Professioni, pare stia suscitando non poche reazioni nel mondo delle stesse professioni, in quanto è noto che la Consulta avesse deliberato il proprio sostegno al candidato Mastroberardino mentre pare che il Pucillo, quello che secondo Il Sannio fu “candidato con Mastella alle comunali”, abbia invece rovesciato la decisione, nel segreto dell’urna, all’insaputa dei suoi deleganti.

Anch’egli, nomen omen, evidentemente folgorato sulla bruna via di Damasco…

Tralascerei il riferimento dell’amico giornalista alla disonestà intellettuale, perché rischierebbe di esser scambiato per un vulnus da paglia-caudato. Sul punto, come egli stesso fa intendere, il mio ruolo è stato di umile apprendista, cioè di colui che – di norma poco attento alle vicende locali – ha appreso di quel doppiopesismo dalla lettura del sagace contributo di Berardo Pesce, pubblicato solo poche ore prima sul suo stesso giornale.

Egli giunge poi ad asserire che le vicende che hanno caratterizzato il rinnovo delle cariche del consorzio di tutela sarebbero assai più gravi di quelle della elezione del vertice camerale. Avrei qualche dubbio e rifletterei su un dettaglio: una cosa è l’influenza che “riferimenti di peso dell’universo confindustriale provinciale, coinvolti nella contesa per il rinnovo dei vertici del Consorzio” hanno potuto produrre sul processo di rinnovo delle cariche direttive di un’associazione ad adesione volontaria come un consorzio tra imprenditori; tutt’altro rilievo assume invece un’operazione atta ad incidere sugli assetti di governance di un ente pubblico. Ma questo è un problema di sensibilità giuridica, che va evidentemente rimesso alla valutazione di persone più competenti di me.

Vi è poi l’affermazione: “Le passeggiate ai santuari di Ceppaloni e Salerno nei mesi, nelle settimane e nei giorni precedenti alla terza e decisiva votazione per la presidenza della Camera di Commercio non le hanno fatte tutti, ma molti. E di entrambi gli schieramenti.” 

Sono certo che l’allusione non riguardi il sottoscritto, poiché sarebbe talmente infondata e distante dalla realtà e dal mio costume da costituire una gratuita offesa, e di quelle gravi.

Devo dunque desumere che questi si riferisca ad altri soggetti… in tal caso sarebbe opportuno che ne facesse i nomi, poiché, egli m’insegna, “quando si muovono accuse di tale gravità o si fanno i nomi, portando a sostegno prove inconfutabili, o si finisce con lo sparare nel mucchio”! Mi si perdoni la citazione.

Risparmio ogni commento sul sermone giustificatorio verso una politica che “è del tutto naturale, ovvero inevitabile, che (…) intervenga in una contesa di tale portata. Magari non è giusto – riconosce – ma è inevitabile. Perché la politica influenza ed orienta, garantisce interlocuzioni, favorisce mediazioni.”

Potrei qui riportare svariati altri sermoni – vergati con libera, pungente e benefica malizia da qualche fustigatore che anima certe edizioni locali – tutti protesi a sostenere la tesi avversa, a condannare una certa classe politica dedita all’ “occupazione sistematica di ogni spazio di potere perpetrata nel corso dei decenni”, fondata “su un sistema capillare di gestione del potere”, atto a costruire la “militarizzazione del consenso sui territori”, “il seme della rabbia che anima intere generazioni di questa terra, figlie di questo tempo, prigioniere di un futuro senza speranza”. Pensate un po’… E potremmo persino restar sorpresi a leggere la firma dell’autore. Sì, avete indovinato. Ma ci sta… non sempre la politica te la ritrovi schierata dalla parte giusta.

In conclusione, è evidenziata nel testo in grassetto la seguente affermazione: “Ci scandalizza, piuttosto, l’ipocrisia di personaggi che hanno vissuto una vita intera all’ombra degli apparati politici, che hanno rappresentato per decenni la politica all’interno delle associazioni di categoria nelle quali ancora svolgono funzioni di primo piano e oggi s’indignano per l’indebita ingerenza di taluni riferimenti istituzionali nella contesa per la presidenza della Camera di commercio.”

Anche qui immagino che il bersaglio non sia io, poiché l’identikit mal mi si attaglia, tuttavia mi pare che il giornalista abbia perso un’altra buona occasione per razzolare in modo congruente con la predica: prima del canto del gallo è riuscito per ben tre volte a rinnegare sé stesso, congedandosi dal lettore con un’altra mitragliata “nel mucchio”.

Ad ogni buon conto, se proprio l’amico cronista tiene tanto alla mia presenza sulle sue pagine, non ritenendo di meritare le attitudini divisive che mi tributa, valuterò – ove fosse utile ad acquistarne le indulgenze – la possibilità di curarvi la rubrica della posta del cuore.

Con viva cordialità

 

Piero Mastroberardino