Dr. Jekyll & Mr. Hyde, ovvero: di urticanti e di emollienti

Lettera aperta dell'imprenditore Piero Mastroberardino

dr jekyll mr hyde ovvero di urticanti e di emollienti

Dall'imprenditore Piero Mastroberardino riceviamo e pubblichiamo

Avellino.  

 

 

Prendo spunto dallo scambio di idee sul tema della CCIAA Irpinia-Sannio tra Berardo Pesce, Consigliere della medesima, nonché “persona informata sui fatti”, come egli stesso si qualifica, (lettera pubblicata su Orticalab il 26 luglio 2022) e Marco Staglianò (autore dell’articolo del 22 luglio sulla stessa testata), per porre in luce alcuni fatti e sviluppare qualche riflessione.

Premetto che la testata che ospita lo scambio già da alcuni mesi mi riserva un trattamento “di riguardo”, con narrazioni alquanto distanti da vicende reali. Nonostante l’accanimento, la cosa in sé è di scarso rilievo, non avendo certe affermazioni il potere di sovvertire l’evidenza delle cose.

Ciò che salta all’occhio è, invece, l’altalena di parametri di giudizio: su talune questioni il giornalista assume l’atteggiamento dell’incorruttibile fustigatore di condotte torbide, del paladino del nuovo che lotta senza quartiere per rimuovere vecchie incrostazioni di un mondo che resiste pervicacemente all’ineluttabile vento del cambiamento.

Su altre si lascia andare a campagne di taglio conservativo in cui l’urticante si tramuta in emolliente, derubricando a una sorta di “così fan tutte” certe passeggiate “ai santuari di Ceppaloni e Salerno da parte di tanti riferimenti del mondo associativo provinciale” (cit.), come per tacciare di ingenuità chi abbia l’ardire di denunciarne anacronismo e degrado.

Riporto qui di seguito il link al contributo della “persona informata sui fatti”, per coloro che non avessero avuto occasione di documentarsi:

https://www.orticalab.it/Camera-di-commercio-la-lettera-aperta?var_mode=calcul

Tralasciando le considerazioni sul mio conto, delle quali ringrazio l’autore, proverò brevemente a commentarne alcuni stralci.

Il primo: “Quando cade l’acrobata, entrano i clown” (cit.).

Si fa qui riferimento, più o meno esplicitamente, a certi “nani e ballerine” che hanno giostrato a piacimento in questa vicenda, facendola deragliare dai binari di un ordinario processo di costruzione di un neonato soggetto istituzionale importante per lo sviluppo dei nostri territori, per trascinarla in bassifondi più consoni ai mercanteggiamenti di bottega.

L’esito è sotto gli occhi di tutti, con una peculiarità nella condotta dei clown: dopo esser stati a lungo dietro le quinte, all’atto di entrare in scena – ancora indosso i panni degli agenti sotto copertura – hanno essi stessi sabotato il trapezio all’acrobata onde provocarne la caduta.

Pare, stando alle cronache locali, che certi scilipotiani irpino-sanniti dell’ultima ora abbiano usato un segno blu (dipinto di blu), per rendere inconfondibile l’opera degna della trama da film di spionaggio, testimoniando di aver versato il proprio tributo onde – forse – potersi recare all’incasso.

Il gesto è eloquente, l’idioma oscuro: roteare ostentatamente tra le dita una biro blu in mezzo a un esercito di penne nere (gli alpini non se ne abbiano a male, restiamo assai distanti da certe vette incontaminate). È il segnale per i compari. Il dado è tratto. Ma saranno di certo chiacchiere da bar, poco più che folclore tra le quinte di scena.

Mentre ancora spergiurano virginale fedeltà, i presunti infiltrati sono tuttavia i primi, nella miglior tradizione italiota, ad iscriversi al partito dei responsabili, quasi ad accreditare l’ipotesi.

Dunque l’ultimo atto della tornata elettorale, quello che ha sancito lo spostamento dei pesi necessari da Mastroberardino a Bruno, sarebbe frutto di un caso emblematico di condotta amorale.

Perché non dichiararsi prima, perché sottoscrivere documenti, fare dichiarazioni pubbliche per poi cambiare colore e rivoltarsi nel segreto dell’urna?

Si chiama coraggio delle proprie azioni. Quando manca, purtroppo, si rischia di scivolare nella codardia.

Il secondo: quel filo rosso, neppure troppo sottile, che lega il Consorzio di tutela dei vini, Confindustria Avellino e la Camera di Commercio Irpinia-Sannio.

Nella mia lettera aperta del 5 maggio scorso ( https://www.ottopagine.it/av/attualita/291782/consorzio-di-tutela-dei-vini-irpini-la-vita-quotidiana-come-rappresentazione.shtml ) sottolineavo come la vicenda del consorzio di tutela, lungi dal restar circoscritta nell’ambito della filiera degli agricoltori della vite e del vino, fosse stata piuttosto condizionata da alcuni esponenti del comparto industriale irpino, che avevano forse soddisfatto il vezzo di farsi un’etichetta, magari perché ‘fa figo’ regalare agli amici una bottiglia su cui campeggia il proprio nome. Casi diversi rispetto alle centinaia di viticoltori che fanno del vino una bandiera culturale, il prodotto del loro impegno professionale.

L’articolista ci viene in soccorso e svela, in uno slancio di frettolosa sincerità, l’indecoroso retroscena: il professor Mastroberardino “potrebbe interrogarsi sulle ragioni per le quali all’indomani delle elezioni per il rinnovo dei vertici del Consorzio di tutela dei vini è venuto meno il sostegno di Confindustria Avellino alla sua candidatura”.

La prima riflessione che viene spontanea è: dunque il ritiro del sostegno di Confindustria Avellino alla candidatura Mastroberardino per la presidenza della CCIAA Irpinia Sannio va letto come un atto di ritorsione per quanto accaduto nel rinnovo delle cariche del Consorzio di tutela dei vini? Stando alle rivelazioni di Staglianò, sarebbe questa la molla che spinge un’associazione come Confindustria Avellino ad assumere decisioni che incideranno sulle opportunità di sviluppo della nostra terra?

Quella voce dal sen fuggita, oltre a testimoniare un metodo, rende di pubblico dominio l’inconfessabile nesso eziologico tra le due vicende, fornendo così anche conferme sui probabili manovratori, in coerenza con quanto io stesso annunciavo nella nota del 5 maggio.

Produce inoltre un effetto valanga pure in merito alla tempistica, dichiarando apertamente che il sostegno sarebbe venuto meno proprio “all’indomani” delle elezioni del consorzio dei vini.

Quelle elezioni, per memoria, sono avvenute il 27 aprile scorso. Peccato che nel frattempo, e per molto tempo ancora, fino al 5 luglio 2022, il presidente di Confindustria Avellino Emilio De Vizia abbia continuato a giurare e spergiurare il proprio pubblico sostegno alla candidatura Mastroberardino.

Addirittura il 2 luglio, presso la sede di Coldiretti Benevento, s’inalberava piccato rivendicando di esserne il primo e più convinto sostenitore e pungolava i colleghi di cordata ad essere altrettanto solerti e convinti sul punto, perché uniti si vince! E si affrettava, sempre il De Vizia, a sottoscrivere di suo pugno, insieme ai rappresentanti delle altre associazioni (Confindustria Av e Bn, Coldiretti Av e Bn, CIA Av e Bn, CNA Av e Bn) il documento di sostegno per le ormai imminenti votazioni.

Il 2 luglio.

Di suo pugno.

Le elezioni del consorzio – ricordiamo – datano 27 aprile.

Ambiguità? Ipocrisia? Doppiogiochismo? Machiavellismo?

A prescindere dal nomen, anche questo può ascriversi tra i comportamenti di rilievo sotto il profilo morale.

E allora cito me stesso, poche righe più sopra: perché non dichiararsi prima, perché sottoscrivere documenti, fare dichiarazioni pubbliche per poi cambiare colore e rivoltarsi nel segreto dell’urna? Avremmo preso atto e voltato pagina, evitando questo spettacolo indecoroso per la Camera e per tutti gli attori coinvolti.

Anche in questo caso a latitare è il coraggio delle proprie azioni.

A maggior prova del fatto che non si trattasse di condotta episodica, Confindustria Avellino ha poi sostenuto una tesi che ribadisce anche oggi al quotidiano Il Mattino, per bocca del suo presidente De Vizia: “Noi avevamo 3 voti e l’eredità di un appoggio a Piero Mastroberardino che abbiamo confermato fino alla prima votazione. Il risultato al di sotto delle aspettative ci ha fatto capire che il candidato non aggregava e abbiamo deciso di proporre Bruno.”

Senza soffermarci troppo sul fatto che “l’eredità di un appoggio a Piero Mastroberardino” fu lasciata al presidente De Vizia dal suo predecessore, che – guarda caso – risponde al nome di Pino Bruno (!), è opportuno invece evidenziare che nell’urna alla prima votazione non si sono ritrovati i 14 voti che risultavano dal documento sottoscritto il 2 luglio. Ne vennero fuori solo 11. Ne mancavano proprio tre. Coincidenza?

Rimettendo insieme i fatti, e attenendosi alle ricostruzioni che parti avverse hanno fornito a mezzo stampa, sembrerebbe dunque che Confindustria Avellino, dopo aver fino al 2 luglio dichiarato urbi et orbi il suo sostegno a Mastroberardino, il 5 luglio, essendo “partecipe” dell’esito delle urne “al di sotto delle aspettative”, abbia di conseguenza corroborato la sua stessa ipotesi “che il candidato non aggregava” in modo da procurarsi un alibi e lanciare il suo candidato senza programma, attuando così, con la maldestra abilità di cui De Vizia ha dato prova, la decisione maturata molto tempo prima, ovvero all’indomani dei fatti del 27 aprile 2022.

Parrebbe un caso da manuale di inversione della causa con l’effetto. O, per dirla con i filosofi della scienza, della profezia che produce sé stessa. Se infatti sono io a votare, e se in base a quel voto sono ancora io a valutare la capacità del candidato di aggregare, è evidente che sarò ancora io a generare la causa da cui scaturirà l’effetto del mio futuro comportamento. Non è una presa d’atto di eventi altrui. Si chiama volontà.

E presenta una ‘terribile simmetria’ con altri comportamenti più sopra evocati in tema di clown sabotatori del trapezista.

Lasciamo perdere… sarà senz’altro un’altra delle mille coincidenze che hanno contraddistinto l’evolversi di questa avvincente quanto tempestosa traversata.

La parte più triste della storia è che la brillante manovra di Confindustria Avellino ha prodotto l’effetto di eleggere un presidente con i voti di un’aggregazione tra elementi spuri il cui unico movente è stato l’interesse elettorale, e al quale è invece mancato il sostegno di tutte le rappresentanze più importanti delle forze produttive, che avevano trovato convergenza appunto sull’unico programma in campo, come tutte le sigle dell’agricoltura (!), le componenti più rappresentative dell’artigianato, la componente beneventana di Confindustria, parte rilevante delle sigle del commercio, la cooperazione, i servizi finanziari, il sindacato, i consumatori, …

Il terzo: le ingerenze politiche.

Nessuno degli attori di questa rappresentazione è candidato alla beatificazione, sia chiaro. Dopodiché c’è una graduazione di condotte eticamente sensibili su cui si può aprire una riflessione.

E allora lasciamoci ancora guidare dalla “persona informata sui fatti”:

Testuale: “Ecco, caro Direttore, da Lei che è un giornalista attento e preparato, che in altre occasioni mi ha appassionato con le sue visioni degli accadimenti che pungolano la riflessione su ‘cosa c’è dietro’ negli eventi palesi, mi sarei aspettato che avesse chiesto al Presidente Bruno, ad esempio, perché appena dopo la sua elezione, come riportato da una testata beneventana, si è recato in quel di Ceppaloni per ringraziare Clemente Mastella? Mastella è un elettore o un ‘grande elettore’ del Consiglio Camerale?”

Questo episodio, che suona drammaticamente inquietante per gli uomini liberi, mentre per il destinatario della lettera – evidentemente – deve essere privo di rilievo, visto che mai è citato nelle sue cronache, va letto alla luce dell’articolo del quotidiano sannita, che qui riporto in link:

http://www.gazzettabenevento.it/Sito2009/dettagliocomunicato2.php?Id=151207 .

Titola il foglio beneventano: “Il nuovo presidente della Camera di Commercio si è recato a casa Mastella. Il sindaco soddisfatto del risultato dopo il sostegno datogli”.

Mai una simile intesa fu più smaccatamente consacrata agli occhi dell’opinione pubblica. Peraltro la notizia non è stata smentita, né da fonti del politico, né da quelle del neo-presidente.

Per inciso, è proprio vero: chi scrive non avrebbe mai potuto interpretare quel ruolo. Sarebbe stata una storia diversa.

Perché, come scrive Berardo Pesce, “la verità vera è che ‘Il Professore’ (…) è persona scomoda ad una certa politica e non gradita a qualche politicante”.

E perché mai mi sarei potuto recare, con quelle modalità e finalità, a casa del politico.

Perché ritengo che il valore degli uomini d’impresa debba esser misurato dal mercato e dalla capacità di creare e distribuire valore, non dalle loro entrature politiche.

E perché resto convinto che le vicende della “casa delle imprese” non vadano discusse in quelle sedi, bensì, appunto, tra gli uomini d’impresa.

Se questo è il clima in cui le aree interne della Campania sono condannate a vivere, sarò lieto di lottare ancora, poiché sarà per una buona causa. Chissà che alla lunga non riesca a produrre persino il risveglio di qualche coscienza…

E allora certe battaglie si possono perdere, anzi è probabile che siano perdute, visto il permanere di certe condizioni di degrado clientelare. Ciò che conta è non smettere di combatterle.

Comunque, aggiungiamo questo terzo esempio di sana condotta, posto in essere sia dal neo-presidente che dal politico suo sostenitore.

E qui il giornalista che volesse, finalmente, onorare il proprio ruolo dovrebbe insorgere, sbraitare che è “inaudito” che un neo-presidente pianti in asso l’assemblea elettiva un attimo dopo la proclamazione, annunciando di dover correre a Bari a incontrare dei clienti perché il suo dipendente ha il COVID (testuale!), e si precipiti a ringraziare il politico che adoperando le sue “influenze” è riuscito all’ultimo minuto a garantirgli un esito fin lì insperato, a ribaltare tutte le premesse ormai scolpite in vari documenti formalmente sottoscritti dalla maggioranza degli elettori prima del voto, a partire dai vertici della stessa associazione di appartenenza del neo-presidente.

Se così non fosse, perché quella visita? E perché quel lancio di stampa che ne riferisce minuziosamente i dettagli, sino a configurare successive intese sul piano degli incarichi da distribuire all’indomani di quella elezione, la vicepresidenza, le figure apicali delle società partecipate, …?

Invece per quel giornalista tutto ciò è plausibile, perché “così fan tutte”, mentre ad essere “inaudito” è “l’atto d’accusa del professore Mastroberardino”, la cui ricostruzione è presentata come “agghiacciante, roba da Procura”.

Casca forse dal pero, come scioccato dalla scoperta che in Irpinia o nel Sannio possano paventarsi simili interventi della politica nelle vicende del mondo produttivo?

Quale improvviso candore… Evidentemente, non tutte le ortiche riescono col “brucio”.

Ora non sta a me stabilire se, come asserisce lo Staglianò, tali fatti siano o meno di interesse delle Procure. Ci sono persone ben più esperte che, se riterranno, avranno tutti gli elementi per valutare.

Dichiaro tuttavia non poche difficoltà a intrattenere rapporti con personaggi che, calpestando così selvaggiamente i più elementari riferimenti etici, violano le prerogative dell’istituzione che si accingono a rappresentare.

In conclusione, un pensiero in calce all’annuncio del neo-presidente, riportato da Il Mattino del 24 luglio scorso, di voler convocare una “riunione informale” di tutti i consiglieri a Benevento: considerato che ha eletto la casa del politico a sede di discussione degli incarichi da attribuire e delle cose da fare, mi attendo che anche questo incontro sia convocato presso la stessa sede, così i consiglieri che riterranno parteciparvi potranno finalmente confrontarsi con quello che viene presentato dalla stampa sannita come il dominus nonché il vero vincitore di questa disfida elettorale.

Con i migliori auguri

Piero Mastroberardino