La pizzeria Concetta ai Tre Santi di Napoli ogni giorno sforna pezzi di storia. Sta praticamente sopra l’antica condotta dell’Acquedotto Augusteo che da millenni preleva acqua dalla sorgente Urciuoli di Serino. L’impasto per le pizze tra le migliori di Napoli è il frutto di quella visione gigantesca voluta e realizzata più per dare acqua alle milizie di stanza a Miliscola che alle popolazioni locali: ottanta chilometri di acquedotto, una galleria lunga sei chilometri per scavallare Contrada e poi un lungo cammino fino a servire Nola, Acerrae, Puteoli, Baie, Cumae e Misenum.
Persino l’acqua che sgorga dalla fontana di piazza Trieste e Trento, a due passi dal Palazzo Reale, viene dalle pendici del monte Terminio, attraverso l’imponente rete idrica realizzata dalla Neaples Water Works Company Limited di Londra, che in soli sette anni la consegnò a un particolarmente soddisfatto re Umberto I, chiamato ad inaugurarla nel 1885.
Dall’imperatore Augusto a oggi due milioni di persone bevono e vivono, come è giusto che sia, grazie a quelle sorgenti.
Ma con una particolarità che fa rabbrividire: a Serino da anni le persone vivono con l’acqua razionata e si ritiene un successo che ora l’erogazione venga interrotta “solo” dalle 23 alle 7 della mattina del giorno seguente. Ed è agghiacciante pensare che nonostante Napoli prelevi tutto, da Napoli, da palazzo Santa Lucia, non arrivi un centesimo perché almeno le condotte che dalla sorgente della Tornola a scendere giù verso Serino vengano ripristinate, ammodernate o rifatte. L’intera rete idrica cittadina è nelle mani di un Comune sempre più povero, costretto ad elemosinare portando progetti da un ufficio all’altro della Regione, con il cappello in mano, passando da un dirigente a un assessore dovendo superare l’ostacolo più radicato e difficile: ignoranti nei posti chiave.
L’acquedotto comunale è un colabrodo. La dispersione idrica non è mai stata a livelli così preoccupanti e lo stato dell’impiantistica è al limite del collasso. Questo crea la croce uncinata dell’ingorgo che non si risolve, perché oltre ad avere meno acqua disponibile per mantenere i livelli minimi di distribuzione bisogna spendere il doppio o il triplo dell’energia necessaria alle stazioni di sollevamento: le perdite determinano lo spreco.
Ora Serino aspetta che dall’Ue arrivi qualcosa. In mancanza, di finire almeno tra i progetti di Ripresa e Resilienza: settemila persone che vorrebbero vivere normalmente come i due milioni di Napoli, con un progetto che prevede 6 milioni di euro di spesa. Vecchio già di cinque anni, si è dovuto confrontare con due assessori regionali e almeno il doppio di dirigenti di stanza a Napoli perché, almeno a livello di carte, le cose siano finite nelle caselle giuste. Sei milioni di euro rispetto a quello che da questo territorio viene prelevato, distribuito e commercializzato, sono una fumata di sigaretta. Per capirci: la Regione ne destina la metà ogni anno per le luci d’artista che addobbano Salerno a Natale. Quando si dice avere una buona visione politica.
Serino è come Volturara, come Caposele o Cassano: in Irpinia restano i problemi idrogeologici da dover gestire, mentre le risorse che quella particolare orografia realizza vanno altrove. Depauperandosi, impoverendosi e, cosa inevitabile con il tempo, esaurendosi, come accadrà per tutta l’acqua di Caposele se verrà aperta la Pavoncelli bis: che prosciugherà ogni metro cubo di acqua di supero dalle sorgenti.
L’altra grandissima risorsa di cui Serino dispone, gli immensi boschi e i castagneti, è a sua volta una incompiuta. Da decenni qui ci si accontenta del turismo mordi e fuggi, quello che devi sistemare dando una piazzola dove stare al fresco e arrostire qualche bistecca. Non si va avanti con le aree da pic nic attrezzate. Il lavoro, quello vero, è sempre venuto dalla coltivazione, raccolta e trasformazione della castagna: e il decennio trascorso nella solitudine della lotta al cinipide, anche questo grandissimo esempio di collaborazione istituzionale, ha lasciato ferite profonde. Dopo anni di tentativi, l’introduzione di insetti antagonisti della peste dei castagneti pare stia dando ottimi risultati. Lo scorso anno la produzione di castagne si è attestata sul 50 per cento del periodo di precrisi. Oggi viaggia in previsione al 75 per cento.
Il cinipide ha lasciato paura e insicurezza in una popolazione che, a differenza di ogni altro posto dell’Irpinia, continua a crescere. Segno di una economia che ha imparato ad autoalimentarsi prendendo quello che la montagna, di volta in volta, offre in abbondanza: spazi, aria pulita, frutti, legna. Difficile trovare a Serino un disoccupato di quelli veri: c’è sempre un modo per arrangiarsi, sbarcare il lunario.
Poi capita che per altre strade si tenti di invertire la tendenza, programmando il futuro attraverso accordi con la vicinissima università di Fisciano. Una facoltà specialistica e i relativi alloggi per gli studenti erano a portata di mano: l’amministrazione comunale era riuscita a trovare la strada giusta con il precedente Rettore per dare vita a un progetto dalle ricadute rilevantissime sul territorio. Aveva fatto male i conti.
Alle volte basta un frate guardiano un po’ svogliato e una Curia che non molla i beni di cui dispone sul territorio. Già, capita così che il convento di San Francesco, una struttura che disporrebbe di 50 aule più camere per gli studenti universitari debba restare chiuso, lucchettato, lasciato cadere a pezzi.