Lei, la piccola volpe rossa, dicono sia una habitué della zona picnic sull’Altopiano. Puntuale come una collega svizzera, si presenta al rintocco delle 12, attirata dal primo crepitio dei barbecue fai-da-te, organizzati con tanto di asta per il caciocavallo impiccato: sono di tutti, basta non sporcare.
Quando è molto affamata, la piccola red arriva a prendere cibo dalle mani degli increduli turisti, in larga parte napoletani in fuga dalle “stese” di tutte le sere. La volpe si concede, prende quel poco che le danno, e poi va via, perché sa che quello, in realtà, il suo posto proprio non è. L’Altopiano del Laceno è per chi vuole rimettersi in pari: chiedetelo ai bambini che corrono, finalmente liberi, a perdifiato senza auto e senza pericoli, tra mucche e vitellini attaccati alle mammelle.
L’antica sfida tra bagnolesi e operatori turistici dell’Altopiano ha finito per sconfiggere entrambi. Pensare che il programma turistico possa ridursi all’organizzazione di una “sagra” che per due giorni all’anno fa il pienone giù a Bagnoli è una barzelletta. Tartufi e porcini sono uno strumento non l’orizzonte. La decrescita infelice dell’Altopiano del Laceno è testimoniata dai lucchetti a strutture e alberghi. Gli impianti della seggiovia sono come obelischi piazzati sul sepolcro del sogno di un turismo invernale.
Sì, poi la neve torna: ma sul Laceno c’è sempre meno a renderla orizzonte. I fondi europei e il Progetto pilota dovevano far esplodere questa montagna: occorrevano visioni e non spartizioni.
Quello che poteva essere distrutto è stato distrutto. Magari doveva andare così. Poi la natura ci mette una pezza e manda una piccola volpe a dirti che è stato meglio.