Più che un'intervista è una confessione a cuore aperto. A parlare è Davide Mupo, impiegato della Novolegno. Ci racconta tutto della fabbrica di Arcella a 15 giorni dalla notizia shock della chiusura. "Che l'azienda negli ultimi anni avesse avuto delle perdite economiche lo sapevamo bene, si era parlato degli esuberi, degli ammortizzatori sociali ma mai di una possibile chiusura dello stabilimento. Per noi è stato un fulmine a ciel sereno. Certo forse qualche avvisaglia la si poteva intuire due anni fa, quando la proprietà cancellò una delle due linee di produzione. Su 55 esuberi sono andate via soltanto 7 persone tra pensionamenti e scelte personali. Da allora siamo con i contratti di solidarietà ma mai a pensare che si sarebbe arrivati a tanto". L'eterna disputa è sull'ambiente, la Novolegno per molti è il “mostro” che inquina, ma Davide ha un'altra idea. “La verità è un'altra. Innanzitutto quel fumo che esce dalla ciminiera è vapore, in secondo luogo il fatto che da 2 anni a questa parte l’azienda ha una sola linea produttiva, l'inquinamento prodotto si è ridotto comunque del 50%. E’ un'azienda molto attenzionata, subisce controlli periodici sia da parte dell'Arpac che dell'ASL e possiede tutte le certificazioni per le emissioni di rumori o di altri tipi di agenti inquinanti”. Davide ci spiega anche che tipo di attività svolge l’azienda, focalizzando l’attenzione su un altro aspetto importante: il riciclo di materiali. “Noi produciamo pannelli in mdf, utilizzando materiali di riciclo. Quindi siamo per certi versi un'azienda ecologica, proprio perché ricicla il legno destinato alle discariche”. Non nasconde il proprio rammarico sulla decisione della chiusura: “La nostra è una fabbrica simbolo, presente da 40 anni sul territorio, ci sentiamo traditi, arrabbiati, ma anche molto delusi. La linea di produzione che è rimasta in piedi, la novoxil, ha un’ottima capacità produttiva. Solo nel 2018 abbiamo venduto 65000 metri cubi di materiale. Ciò vuol dire che la Novolegno sta chiudendo in un contesto in cui nelle arterie c'è ancora linfa vitale. Ancora oggi abbiamo parecchie commesse. Anche se negli ultimi anni è stato perso qualche milione di euro, posso dire con certezza che questo non è dovuto ad una linea produttiva che non funziona, ma è dovuto piuttosto ad una linea produttiva obsoleta. Negli anni si è speso molto per le manutenzioni dei macchinari: ogni volta che si rompeva un pezzo veniva aggiustato, sarebbe stato forse più giusto optare per una politica di ammodernamento dell’intera linea produttiva piuttosto che aggiustarla di volta in volta. Questo per noi è un grande rammarico perché se avessero investito nella Novolegno, oggi sarebbe stata un gioiellino di azienda. Non sono mai stati preventivati né fatti investimenti sulla fabbrica di Avellino, non c'è mai stato un intervento strutturale come invece è accaduto ad Osoppo, dove hanno investito 80 milioni di euro per creare la linea di produzione di pannelli più grande d'Europa”. Man mano che i giorni passano rimane difficile elaborare la notizia e si sente sempre più il rammarico e la rabbia: “Noi facciamo parte del gruppo Fantoni che vanta diverse aziende anche in Slovenia e in Argentina, e che negli ultimi tre anni vanta un aumento del fatturato di gruppo. Purtroppo, in questo contesto, la Novolegno rappresenta la pecora nera del gruppo. Probabilmente per questo motivo è scaturita la decisione da parte della proprietà di tagliare proprio Avellino”. È pessimista Davide anche sulle possibili sorti dell’azienda. “È difficile credere che ci possa essere un cambio a livello produttivo. La nostra linea di produzione è molto specifica ed è impossibile sperare in un cambio totale. Noi speriamo in una politica di incentivazione per i dipendenti dell'azienda”.