di Luciano Trapanese
Tra qualche anno questo articolo verrà scritto da un robot. Non è solo un mio problema: l'intelligenza artificiale sarà a breve in grado di fare qualsiasi tipo di lavoro. Anche il vostro. Molto presto. Il World Economic Forum ha previsto che entro due anni cinque milioni di posti saranno andati in fumo nel mondo occidentale. Mentre entro il 2030 la metà dei lavori di routine (dalla commessa di un negozio, all'impiegato di banca, al conducente di bus e così via), non avrà più bisogno di umani. Nel 2040 spariranno altri mestieri: chirurghi, scrittori, ingegneri, operai edili, avvocati, giudici, operai edili, agenti di polizia...). Nel 2060 l'intelligenza artificiale sarà in grado di svolgere qualsiasi tipo di attività.
Sarà l'anno zero.
Nel frattempo, in questo passaggio, e nell'attesa che si realizzi un nuovo tipo di società (evidentemente non più basata sul lavoro), sarà una apocalisse di disoccupazione. Sarà inevitabilmente un passaggio traumatico, assai più doloroso e definitivo della rivoluzione industriale. Eppure, il dibattito politico – in Italia soprattutto – ignora la questione. In fondo, che ci frega: è il futuro, conta il presente. Il problema è che gli effetti della IA sono già qui. Il resto è dietro l'angolo. Anzi, c'è chi si spinge anche oltre. Kai Fu Lee, ex dirigente di Microsoft e Google e importante investitore in start up di IA, pensa che in dieci anni sarà sostituito dai software il 50 per cento dei lavori umani. Dieci anni...
Una corsa folle: chi vince prende tutto
Direte: è fantascienza. Vi sbagliate. L'evoluzione degli ultimi anni è stata impressionante. E gli investimenti per l'intelligenza artificiale sono aumentati in modo esponenziale. E' una corsa folle. In prima linea Stati Uniti (tutta la Silicon Valley) e la Cina (il governo in primis), hanno stanziato centinaia di miliardi. L'Unione Europea conta di investire nei prossimi anni trenta miliardi . La sola Francia tre. L'Italia zero. E Putin ha dichiarato: «Chiunque arriva primo in questo settore diventerà il padrone del mondo».
E infatti, chi arriva primo o più avanti vince il banco. Un business da 6mila miliardi (avete letto bene).
Reti neurali e apprendimento automatico
In un interessante articolo il collettivo americano “Mother Jones” spiega gli stupefacenti progressi di questa tecnologia. Lo riassumiamo e semplifichiamo per i profani (noi per primi).
Solo come esempio, molti di voi avranno usato in questi anni Google traduttore. Fino a pochi mesi fa le traduzioni erano infarcite da frasi senza senso. Bisognava tradurre il traduttore. Provate ora: sono al limite della perfezione. Il motivo? L'intelligenza artificiale.
Ma cosa è accaduto?
Per anni l'hardware ha seguito una curva di crescita precisa: potenza ed efficienza sono raddoppiate ogni due anni. I recenti miglioramenti nello sviluppo di algoritmi software ha reso questa evoluzione esplosiva.
Nei primi 70 anni dell'era digitale siamo passati da un software per la contabilità a uno capace di prenotare treni, aerei e monitorare le condizioni atmosferiche. Ma tutto questo, rapportato alle capacità di un cervello umano era davvero poca cosa. Nel 2025, inizieremo però a vedere progressi consistenti. Nel '35 le macchine avranno la capacità di un quinto del nostro cervello. E dopo un decennio la corsa sarà finita.
Il salto di qualità nella corsa all'intelligenza artificiale è arrivato qualche anno fa, con le reti neurali artificiali e l'apprendimento automatico.
Un esempio, per capirci: nei primi computer che hanno battuto a scacchi maestri come Kasparov e Fisher venivano inserite le strategie di migliaia e migliaia di partite diverse. In base a quelle poi affrontavano gli umani. Con l'apprendimento automatico i nuovi software giocano da soli, per giorni, elaborando schemi, tattiche e partite. E diventano molto più forti e molto più in fretta dei loro predecessori. Ora applicate questo schema su tutto e avrete un piccolo squarcio sulle possibilità di evoluzione dell'intelligenza artificiale.
Molto più radicale della rivoluzione industriale
Molti esperti continuano a sostenere che le evoluzioni della tecnologia hanno sempre portato una riduzione dei posti di lavoro per crearne subito dopo molti di più, migliorando le condizioni di tutti. Sarà vero, ma quello che preoccupa è la fase di passaggio: questi trenta, quaranta anni di “apocalisse lavoro”. Cosa accadrà, come verrà gestita?
E inoltre, l'affermazione non è del tutto esatta. Con la rivoluzione industriale i treni hanno sostituito i cavalli, i telai i tessitori a mano, e così via. Ma poi c'è sempre stato bisogno dell'uomo, che con quelle macchine ha solo incrementato la capacità produttiva e il benessere.
In questo caso l'intelligenza artificiale sostituirà del tutto l'attività umana. I software saranno più efficienti, instancabili, non pretenderanno stipendi e diritti sindacali e non commetteranno errori (o comunque saranno meno fallibili degli uomini).
La soluzione possibile: il reddito universale
In pratica: non modifica il nostro lavoro, lo esclude del tutto. Una rivoluzione che impone un completo ripensamento dello stato sociale, della nostra etica, della nostra completa esistenza.
E che ripropone – guarda caso - un tema sollevato, ma con una versione completamente antistorica, in questa campagna elettorale: il reddito universale (e non di cittadinanza).
E non a caso proprio i più imponenti capitalisti di questi anni, i colossi della tecnologia della Silicon Valley, sono i più grandi sostenitori del reddito universale. Sanno bene, evidentemente, che il contraccolpo delle loro innovazioni avrà come vittime tutti noi, loro consumatori.
Ci sembra che il tema sia di una rilevanza assoluta. Eppure la nostra classe dirigente si spacca su articolo 18, jobs act, legge Fornero (tutta roba presto archeologica), ma non ha la minima visione del futuro prossimo, che riguarda noi, i nostri figli, le future generazioni. Quello che preoccupa non è solo l'assenza di una qualsiasi discussione pubblica su questi temi, ma il sospetto che la questione venga del tutto trascurata. E non per scelta, ma per ignoranza.
Martedì primo maggio sarà la festa dei lavoratori. Tra non molti anni a festeggiare potrebbero essere solo i computer.