Di Andrea Fantucchio
"La situazione è ai limiti dell'immaginazione. Avevamo distribuito i giubbotti di salvataggio. Poi quelli che erano a bordo hanno iniziato a lanciarsi in mare. Un'onda ha sbilanciato il barcone. Che non si è ribaltato ma si è girato. Molti sono caduti fra le onde. Solo una cinquantina di persone sono rimaste a bordo. Per salvarle abbiamo dovuto rompere la porta. Al vano inferiore non si poteva respirare. A causa del monossido di carbonio. Queste imbarcazioni prendono acqua. Ci sono escrementi, vomito, pianto". Il racconto di Regina Catambrone. Imprenditrice che, con il marito Christopher, solca il Mediterraneo con una nave che soccorre i migranti.
Oggi la Catambrone era a Petruro Irpino per il primo appuntamento con il festival dell'integrazione, #PortidiTerra, organizzato dalla Caritas di Benevento.
"Sono salita tante volte in barconi che erano trappole. Non lo auguro a nessuno. Sulla nostra nave abbiamo ancora trentatré morti. Fra i quali un feto. Uno dei tanti bambini ai quali è stato rubato il futuro".
Quella di Regina è una storia straordinaria. Con l'organizzazione, Moas, dal 2014 hanno salvato oltre 4400 vite. La storia dei due imprenditori italoamericani ha fatto il giro del mondo. Privati che hanno messo il loro tempo e i loro soldi a servizio di chi ogni giorno rischia di morire nel Mediterraneo. Nonostante questo, recentemente i Catambrone sono stati attaccati dai media per le speculazioni che avrebbero compiuto sulla pelle dei migranti.
Regina è ancora scossa da quelle parole, ma commenta: "Non ci fermeremo. Né ci faremo scoraggiare da nessuno. Io e mio marito crediamo che il talento, il cuore, e anche il portafoglio, devono essere messi a servizio di una causa più grande. Altrimenti nulla ha senso"