di Giuseppe Forino*
Montevergine è ormai diventato solo leggenda. Tutto sta sparendo. Stiamo seriamente rischiando di perdere un patrimonio unico. Come valorizzare il tempio di Mamma Schiavona? Come tutelare un bene così prezioso? Sono andato a chiederlo a chi conosce meglio il posto: i commercianti. «Riusciamo a malapena a sopravvivere nel periodo estivo. In inverno è quasi inutile aprire».
Arrivato nei pressi del Santuario mi accorgo con non troppa causalità di quello che resta dell’Hotel Romito. Un mucchio di lamiere proteggono la costruzione.
Un biglietto da visita davvero brutto, l'impressione è pessima.
«E’ in queste condizioni da anni, non è stato mai ristrutturato». Le parole di una commerciante del posto.
La cartolina è molto simile a una baraccopoli. Uno scenario al limite dell'orrido, che da qualche decennio si può trovare nella zona che precede il Santuario. Sulla strada, venditori che sembrano improvvisati.
Continuo la mia escursione. Mi accorgo a malapena dell’esistenza di 26 box nella parte sottostante alla strada principale. Molti sono chiusi. Altri hanno ancora la voglia di credere «in quel posto meraviglioso».
Ho intervistato alcuni commercianti che sono lì da anni e che potrebbero aiutarmi a fare il punto della situazione. Gente che ha ereditato la loro attività da nonni, genitori, parenti.
«Come e cosa è cambiato rispetto agli anni passati?»
«Tutto ha cominciato a trasformarsi con l’inizio della crisi. Il flusso di fedeli è diminuito, ma ci sono ancora numerose persone che vengono al Santuario. Noi venditori abbiamo riscontrato sulla nostra pelle il cambiamento degli ultimi anni. Siamo demoralizzati ma andiamo avanti perché non abbiamo alternative. Questa è una piccola fonte di sostentamento.
Gli anziani riescono a trascinarsi dietro i nipoti, i figli. E’ grazie soprattutto a loro e alla loro fede che la tradizione continua e si rinnova anno dopo anno.
Non è cambiato tantissimo a Montevergine. Si sta nella stessa situazione di 50 anni fa. Lavoriamo nelle stesse condizioni».
Ho inoltre notato la presenza di locali sottostanti la chiesa adibiti a commercio. Forse un tempo i monaci accoglievano di più i fedeli e pensavano meno al business.
I fedeli non comprano come un tempo anche perché preferiscono acquistare all’interno del Santuario dove più o meno si vendono le stesse cose. Oltre ai classici oggetti sacri, all’interno, si possono trovare anche torroni, liquori, biscotti, castagne.
Perché molti di questi box sono chiusi?
«Ci sono in tutto 26 box, ora ne restano aperti soltanto 9. La nostra è una vita molto sacrificata. La maggior parte di noi eredita quest’attività, dunque molti si trovano costretti a fare questo non avendo altre opportunità. Riusciamo a malapena a sopravvivere nel periodo estivo. In inverno è quasi inutile aprire».
Come potrebbero cambiare le cose?
«L’amministrazione comunale ha affermato più volte di voler puntare molto sul turismo religioso ma non fa nulla di concreto. La funicolare è ferma. Ha funzionato soltanto in estate per due mesi. Questo porta alla rinuncia di molti fedeli che si scoraggiano poiché venire in auto è più complicato. La causa? Il parcheggio che non può ospitare molte auto ma soprattutto i tornanti. Ci tengo però a ricordare che la strada è molto sicura e non è mai accaduto niente di pericoloso. Per incrementare il turismo a Montevergine, il comune deve darsi una mossa. Presto. Non possiamo abbandonare a se stessa questa meraviglia, un patrimonio di inestimabile valore. Il comune deve mettere in condizione i fedeli di poter raggiungere il Santuario anche con la riapertura definitiva della funicolare».
Cosa fa la gente che sale a Montevergine? Nuove attività potrebbero aiutare il turismo?
«I turisti vengono innanzitutto per il Santuario e per la Messa. Poi un “pit-stop” veloce al bar e via. Per una famiglia con bambini non c’è nulla qui. Si potrebbe sviluppare il Campo Maggiore magari con l’installazione di giostre o con escursioni a cavallo per intrattenere più tempo le famiglie a Montevergine».
Vi sentite tutelati? Ci sono persone che controllano il territorio?
«La guardia forestale è assente. Non c’è gente che si occupa di cose di primaria importanza. Chi svuota i cestini? Nessuno si preoccupa di rendere di nuovo piacevole agli occhi il paesaggio del Santuario. Non esiste più la strada che porta al Campo Maggiore. Sembrano trincee. Siamo tutti mortificati e poco tutelati. Ma bisogna in primis tutelare il nostro patrimonio che è unico». Senza la funicolare, dunque, il flusso di turisti è notevolmente diminuito. C’è vita solo il sabato o la domenica e in alcuni periodi dell’anno. A Ferragosto molte persone si organizzano per venire qui.»
Quali tradizioni riescono ancora a vivere?
«Ogni primo settembre c’era una persona miracolata dalla Madonna e organizzava pullman a sue spese dal proprio paese, Baiano, per ringraziare Mamma Schiavona del dono ricevuto. Settembre è un mese molto importante per Montevergine e per la Madonna. Negli anni scorsi c’erano numerosissimi fedeli che salivano a piedi cantando e ballando. Il flusso di fedeli era elevatissimo, le auto venivano parcheggiate lungo la strada per chilometri. Nel giorno del “Nome di Maria” è ancora viva la tradizione soprattutto grazie al contributo dei cittadini di Ospedaletto. Si organizza la famosa “Juta”. 10,11,12 settembre. Maggio è il mese in cui i pellegrini vengono da tutta la Campania. La maggior parte sale a piedi. Ci sono i fedeli di San Cipriano Picentino (Salerno) che camminano per tre giorni e tre notti fino ad arrivare al Santuario. Ma ci sono anche tradizioni mantenute vive dagli abitanti di Giffoni. E poi c’è la Candelora, a febbraio. Un’invasione di “femmenielli” che arrivano con moltissima fede. Una giornata in cui sacro e profano sono a strettissimo contatto tra di loro. Ma il primo pensiero è quello di rendere omaggio alla Madonna».
*Studente del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro