“Salerno è stata la mia consacrazione nel calcio, mi ha permesso di giocare in serie A e mi ha fatto fare un salto di qualità, ricevendo amore e affetto dalla gente. Qui ho dato tanto in campo ma quello che la gente mi ha regalato è stato davvero molto di più. L’essere ricordato come un idolo ti fa capire che hai lasciato il segno”. David Di Michele riannoda il filo dei ricordi. A Vianema, podcast della Salernitana, l’attaccante di Guidonia ha fatto un viaggio nel suo passato in maglia granata condita da 48 gol: “Avevo un sogno che speravo di poter realizzare. Ho avuto la fortuna di poter vivere il calcio nel migliore dei modi e in grande città. Mi sono sentito il peso di portarmi sulle spalle un’intera piazza”.
Tra queste, Di Michele non può non inserire Salerno: “Quando arrivai eravamo un gruppo di giovani allenati da un tecnico come Delio Rossi che aveva idee brillanti e lanciavi giovani. Il dispiacere è per come è finita, con quella tragedia di Piacenza e con la rabbia per quella partita finita male e che non ci permise di restare in serie A. Ricordo ancora oggi le parate di Fiori, un rigore netto non concesso e la tristezza per quell’epilogo tragico, con lo sgomento di famiglie, tifosi e di una città intera”. Di Michele rimase per due stagioni dopo la retrocessione: “Arrivarono calciatori sconosciuti che portò a mugugni dalla piazza. Nonostante la presenza e la permanenza di diversi calciatori della serie A fu un’annata tra alti e bassi, con esoneri e contestazioni”.
Il gol più bello? “Il pallonetto con il Napoli nel derby di Coppa Italia fu straordinario ma ricordo anche una rete in Sampdoria-Salernitana 2-4. Però ricordo anche il gol da 35 metri in Salernitana-Pistoiese in cui zittii alcuni tifosi in tribuna ma che creò una crepa rientrata solo negli anni. Infatti quando tornai con la Reggina l’Arechi mi tributò tanti applausi. Però ricordo anche l’assist con la Juventus per Di Vaio in serie A: quello vale quanto un gol”.
Alla fine arrivò l’addio nell’estate 2001: “Avevo sempre detto che sarei andato via da Salerno solo per un top-club. Eppure su queste parole c’è stato chi ha voluto creare un caso e rendermi personaggio poco apprezzato dai tifosi. Un retroscena? Mi chiama Aliberti prima della partita con il Ravenna: “Ti ho venduto all’Inter”. Io organizzai tutto, pensavo già al trasloco. Aliberti mi chiese di segnare per avere ancora più forza contrattuale Gioco con il Ravenna e segno il gol decisivo. Vado da Aliberti e mi dice: “Sei incedibile! Al tuo posto ho venduto Vannucchi”. Accettai tutto dopo un po’ di tempo, anche perché ero contento di rimanere a Salerno. Però dopo quella partita mi infortunai e rimasi fermo due mesi e mezzo. Forzai per rientrare e con i miei gol arrivò la salvezza. L’estate dopo fui ceduto all’Udinese per 25 miliardi di lire, fondamentali per salvare la società dal fallimento”.
Il presente dice lotta salvezza, con la sfida da doppio ex fra Salernitana e Palermo: “Dopo una retrocessione è tutto più amplificato. Il campionato di serie B è difficile, ricco di ostacoli che rischiano di far saltare il banco. Ora serve salvare il salvabile, voltare pagina rispetto agli obiettivi iniziali, raschiare il fondo del barile e cercare di aggrapparti a tutto. Qui però c’è grande qualità, ci sono tanti calciatori che hanno grande tecnica ma serve anche metterci corsa. Inoltre affronti un avversario che è nella tua stessa condizione, con un allenatore che è reduce da un momento complicato. Sono parentesi che ci possono stare all’interno di una stagione ma la Salernitana ha il vantaggio di lottare già da più tempo e soprattutto hanno una città che ti sorregge”.