Costituito a Salerno il Comitato LiberalSì

A sostegno del prossimo referendum costituzionale che si terrà in autunno

Salerno.  

E' stato costituito a Salerno il Comitato LiberalSì per sostenere il Sì al referendum costituzionale del prossimo autunno.  Tra i promotori: Antonio Guariglia, Ermanno Guerra, Mariapina Giudice, Giuseppe Carbonara, Angelo Farina, Luciano Santoro, Aurelio Musi, Roberto Rosapepe, Tonino Cuomo, Raffaele Pinto, Giovanni Avallone, Antonio Marzullo, Anacleto Carbonara, Gianfranco Lamberti, Andrea Reale e Riccardo Barela

"Dopo molti tentativi negli scorsi decenni, il Parlamento è riuscito a varare con una larga maggioranza – quasi il sessanta per cento dei componenti di ciascuna Camera in ognuna delle sei letture una riforma costituzionale che affronta efficacemente alcune fra le maggiori emergenze istituzionali del nostro Paese" precisano nella nota che segue:

"Il testo della Riforma modifica molti articoli della Costituzione, ma non la stravolge. Riflette anzi una continuità con le migliori proposte di riforma in discussione da decenni e, nel caso del Senato, col modello originario dei Costituenti, poi abbandonato a favore del bicameralismo paritario per ragioni prudenziali dopo l’avvento della Guerra fredda. Non viene, inoltre, modificato alcun articolo della prima parte, nella quale sono stabiliti i principi ed i valori fondamentali del nostro vivere civile e democratico.

E’,perciò, una Riforma che non risolve tutti i problemi, ma affronta molte delle questioni più urgenti.

La legge costituzionale di revisione del Titolo V, approvata nel 2001, già prevedeva che l’attuale Commissione parlamentare per le questioni regionali fosse integrata da rappresentanti delle autonomie “sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione”, a dimostrazione della consapevolezza che una trasformazione del Senato in camera rappresentativa delle istituzioni territoriali fosse un complemento necessario della riforma dell’impianto costituzionale delle autonomie.

Ecco perchè viene superato l’anacronistico bicameralismo paritario esistente solo nel nostro Paese: sarà, perciò, la sola Camera dei Deputati a votare la fiducia al Governo, mentre il Senato interverrà nel procedimento legislativo solo per le materie riguardanti gli Enti locali, le revisioni costituzionali e l’elezione del Capo dello Stato.

I poteri normativi del governo vengono riequilibrati, con una serie di più stringenti limiti alla decretazione d’urgenza, ma con la garanzia, al contempo, di avere una risposta parlamentare in tempi certi alle principali iniziative governative tramite il riconoscimento di una corsia preferenziale e la fissazione di un periodo massimo di settanta giorni entro cui il procedimento deve concludersi.

Il sistema delle garanzie viene significativamente potenziato: il rilancio degli istituti di democrazia diretta, con l’iniziativa popolare delle leggi e il referendum abrogativo rafforzati e con l’introduzione di quello propositivo e d’indirizzo per la prima volta in Costituzione; il ricorso diretto alla Corte Costituzionale sulla legge elettorale; un quorum più alto per eleggere il Presidente della Repubblica.

Viene operata una decisa semplificazione istituzionale, attraverso l’abolizione del Cnel e la soppressione delle province.

Infine, lo sforzo per ridurre o contenere alcuni costi della politica è significativo: 220 parlamentari in meno (i senatori sono anche consiglieri regionali o sindaci, per cui la loro indennità resta quella dell’ente che rappresentano); un tetto all’indennità dei consiglieri regionali, parametrato a quello dei sindaci delle città capoluoghi di regione; il divieto per i consigli regionali di finanziare i gruppi consiliari, la fusione degli uffici delle due Camere e il ruolo unico del loro personale.

L’iter della riforma è durato oltre due anni, è passato per sei letture, tre per ciascuna Camera, con quasi seimila votazioni e l’approvazione di oltre cento emendamenti.

Il testo, con le modifiche che il Parlamento ha voluto, si ispira, inoltre, direttamente alle proposte della Commissione per le riforme costituzionale istituita dal Governo Letta nel 2013, che rispecchiavano l’opinione largamente maggioritaria fra gli studiosi di ogni orientamento che presero parte a quella Commissione.

Gli elettori sono chiamati a pronunciarsi solo sulla riforma costituzionale, non anche sulla legge elettorale della Camera che è già operativa dal luglio 2016 e che, in caso di approvazione della riforma, sarà soggetta a controllo di costituzionalità. Giova, comunque, ripetere che nulla nella legge elettorale, in combinato disposto con la riforma costituzionale, configura un’anomala concentrazione di poteri: la maggioranza di 24 deputati alla Camera al fine di governare, non consente al vincitore né di rivedere da solo la Costituzione, né di esprimere da solo la composizione degli organi di garanzia né di eleggere il Capo dello Stato. Questo – almeno – dicono i numeri.

A quanti, come noi, sono giustamente affezionati alla Carta del 1948, esprimiamo la convinzione che – intervenendo solo sulla parte organizzativa della Costituzione e rispettando ogni virgola della parte prima – la riforma potrà perseguire meglio quei principi che sono oramai patrimonio comune di tutti gli italiani.

Lungi dal tradire la Costituzione, si tratta di attuarla meglio, raccogliendo le sfide di una competizione europea e globale che richiede istituzioni più efficaci, più semplici, più stabili. Per tutte queste ragioni di metodo e di merito noi siamo convinti che la grande discussione nazionale che si è aperta in queste settimane, potrà persuadere i cittadini italiani della bontà della riforma approvata con coraggio dal Parlamento e della sua utilità per il miglior governo del Paese".

Redazione Salerno