Sono sei le persone, tra amministratori e funzionari pubblici, indagate dalla Procura di Pescara per la tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola. Tra queste il presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e il direttore dell'albergo, Bruno Di Tommaso. La struttura fu travolta, il 18 gennaio scorso, da una valanga. 29 i morti, i superstiti furono undici. Questa sarebbe solo una prima tranche di inchiesta.
Tra gli indagati anche i due funzionari della Provincia, Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, più il dipendente del comune di Farindola, Enrico Colangeli. Il direttore del resort Di Tommaso, dovrà rispondere di omissione del collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro: non avrebbe previsto nel documento di valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori della sua ditta il rischio di essere colpiti da una slavina.
L'accusa per gli altri è invece di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Per i magistrati l'accesso all'hotel avrebbe dovuto essere lasciato libero dalla neve. Così non è stato, creando una trappola mortale. Tra le vittime il 28enne Stefano Feniello, originario di Valva. Il padre ha chiesto da subito giustizia per il figlio. Per Alessio Feniello gli avvisi di garanzia non bastano. "Dove sono i nomi del Prefetto di Pescara e del governatore dell'Abruzzo?", si chiede, dicendosi "imbufalito". In parte però Feniello si dice "soddisfatto" perché la sua "tesi nei confronti del sindaco, uno dei responsabili di quella tragedia, era corretta".
Una battaglia che non termina qui quella di papà Alessio, beffato due volte da questa tragedia. In un primo momento infatti il nome del figlio era stato inserito tra i superstiti dalla Prefettura. Gioia e speranze tradite poi dalla drammatica verità. A salvarsi è stata solo la fidanzata Francesca Bronzi, in vacanza con Stefano per festeggiare proprio il compleanno del giovane.
Redazione Salerno
