A chi appartiene il patrimonio culturale? E chi è titolato a raccontarlo? Solo gli addetti ai lavori o anche chi, in qualche modo, ci convive? Domande spinose che animano il dibattito sui beni etnografici raccolti durante il colonialismo europeo, ma che riguardano tutto il patrimonio culturale. Anche i templi di Paestum. Ufficialmente un parco archeologico statale dotato di autonomia in base alla riforma Franceschini, il sito Unesco ha deciso di accogliere un progetto sperimentale di Paola Contursi, ricercatrice della Scuola del patrimonio voluta dal Mibact.
L'obiettivo è di coinvolgere i cittadini nella creazione di un nuovo racconto museale che sarà inserito nell’app del Parco. "Le persone che vivono nelle contrade che facevano parte del territorio dell'antica Paestum hanno una conoscenza dei luoghi che spesso manca agli studiosi. Una visione che, sebbene diversa da quella puramente accademica, è altrettanto interessante ed è importante salvaguardare - commenta il direttore Gabriel Zuchtriegel -. Noi vogliamo aprirci all'esperienza delle persone che vivono questi luoghi e includerla nella nostra narrazione, perché il patrimonio è di tutti".
Il primo incontro con il direttore e il gruppo di lavoro coordinato da Oaika Contursi nel Museo archeologico nazionale di Paestum è stato programmato per il 29 gennaio 2020. "Sono tutti invitati: grandi e piccoli, da Gromola a Fonte, fino ad Agropoli - spiega la dirette interessata -. Il progetto si chiama 'Paestum in_vita' proprio perché crediamo che tutti possano contribuire ad arricchire il racconto del sito con i loro saperi e competenze. Condivideremo storie, documenti e riflessioni in occasioni di confronto e ascolto attivo, per poi ricucirle insieme in un’unica narrazione che sarà fruibile da tutti attraverso l’app del Parco. Usare il coinvolgimento delle comunità come metodo sarà la sfida per i musei del XXI secolo".