Secondo le indagini della Procura Antimafia, il clan Di Dato aveva una struttura rigorosamente gerarchica e organizzata. Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Di Dato, raccolte dai magistrati Elena Guarino e Carlo Rinaldi, emergono dettagli precisi sui ruoli degli affiliati: Michelangelo Aquino avrebbe garantito il rifornimento continuo degli stupefacenti, mentre la rete distributiva sul territorio era gestita in maniera capillare.
Sistema di estorsioni e cooperazione con altri clan
Le attività estorsive erano organizzate attraverso cooperative fittizie che imponevano assunzioni controllate dal clan nelle aziende locali, trattenendo gran parte dei salari per finanziare l'organizzazione. L'influenza del clan si estendeva anche ad altre aree grazie ad accordi con gruppi rivali, per la spartizione del territorio e delle attività illecite.
Il ruolo degli imputati secondari
I sette soggetti coinvolti nel processo ordinario presso il Tribunale di Nocera Inferiore, sebbene non rivestissero posizioni di primo piano nell'organizzazione, avrebbero fornito un sostegno logistico fondamentale, principalmente legato allo spaccio di droga.
La posizione di Dario Federico
Tra gli imputati di rilievo spicca Dario Federico, già noto alle autorità e condannato nel 2007 per associazione camorristica. Per lui la Procura ha richiesto vent'anni di reclusione, considerato il suo ruolo apicale e strategico nel clan Di Dato.
Posizioni in sospeso per altri indagati
Restano invece in sospeso le posizioni di ulteriori nove soggetti indagati. Per loro, la Dda ha momentaneamente escluso responsabilità di rilievo, lasciando aperta la possibilità di eventuali ulteriori sviluppi investigativi.