Processo Linea d'Ombra, la verità arriverà dal carcere. E’ questa la nota evidente dopo la deposizione fiume del neo collaboratore di giustizia Sandro Contaldo, “Sandrino o’pazz”, capoclan delle palazzine, ultimo criminale arrivato a riferire notizie apprese oltre le sbarre ,tra i reclusi al 42bis e quelli delle sezioni criminalità organizzata.
Molte delle sue dichiarazioni, come altre sfilate nel corso della rinnovata istruttoria dibattimentale, sono legate alle richieste degli avvocati difensori di Alberico Gambino e dei fratelli Antonio e Michele Petrosino D’Auria, che hanno chiamato in causa il Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria, per verificare le detenzioni per periodi e sedi, con la disposizione delle celle e i relativi gruppi tenuti insieme.
La chiave del processo, infatti, riguarda quanto accaduto nelle sezioni delle case circondariali, con le“chiacchierate”raccontate dal pentito salernitano Raffaele Del Pizzo, del gruppo criminale Villacaro-D’Andrea, sui rapporti tra i Fezza e i Petrosino D’Auria, e ora il lungo racconto del boss Contaldo, finito anche lui nel mirino dei riscontri dei legali difensori.
In particolare il dibattimento presieduto dalla corte d’appello verificherà la cena al carcere di Voghera, raccontata da Sandrino due giorni fa, in presenza tra gli altri del boss di Afragola Angelo Moccia, Domenico Ferraioli alias “Mimì Mazzarella”.
Sempre in carcere Contaldo apprese la disponibilità del clan De Feo, legato a lui per dei favori, ad organizzare l’omicidio di Antonio Petrosino D’Auria, mentre nella cella di Ascoli Piceno seppe dell’egemonia dei Petrosino a Pagani per bocca di Federico Chessa, legato al clan di Sant’Egidio capeggiato dal boss Luigi Iannaco, “o zì maisto”.
Redazione Sa