Per gli investigatori credeva di poterla fare franca, di essere riuscito a portare a termine il suo piano: uccidere il fratello per intascare i 300mila euro della polizza sulla vita, di cui era unico beneficiario, per poi scappare in Asia con la compagna. Questo il quadro che è stato ricostruito durante le indagini sulla morte del 33enne Domenico Martone, originario di Angri, bruciato vivo in una campagna nei pressi di Lettere. Quando il fratello 36enne, ora in carcere con l'accusa di omicidio premeditato, è andato a recuperare l'auto della vittima non sapeva fosse piena di microspie lasciate lì dai carabinieri.
Ride, parla, canticchia. "Sciuscià, sciuscià, l'ingegnere ingegna, faccio arrestare tutti quanti! Se scampo anche questa, secondo me faccio la botta o mi ammazzo solo io… o posso prendere il posto di Lupin".
Frasi che per gli inquirenti possono essere una confessione del delitto. L'autopsia sulla salma di Domenico rivelerà che è stato bruciato mentre era ancora vivo, i polmoni sono ancora pieni di fumo.
E' stato identificato dalla sua automobile. Il fratello, sentito subito dopo il ritrovamento del corpo, ai carabinieri dice di essere stato in altro luogo. Ad incastrarlo però le telecamere che mostrano che si è recato a Lettere in auto con il fratello. Nei video viene ripreso anche mentre prende due taniche e le nasconde nel cofano della vettura, secondo le forze dell'ordine al loro interno c'era il liquido usato per bruciare vivo il fratello.