Faida tra pastori: svolta nell'omicidio Pennasilico

Arrestati due fratelli: alla base ci sarebbero forti acredini tra le due famiglie

faida tra pastori svolta nell omicidio pennasilico
Giffoni Sei Casali.  

Svolta nella indagini sull'omicidio di Domenico Pennasilico, il pastore ucciso il 23 aprile 2019 nelle campagne di Giffoni Sei Casali, in località Cerzoni. I carabinieri della Compagnia di Battipaglia hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei fratelli Nicola e Franco Di Meo, entrambi pastori. L'accusa nei loro confronti è di omicidio aggravato dalla premeditazione in concorso e porto e detenzione illegale di arma da fuoco. I militari, guidati dal maggiore Vitantonio Sisto, sono riusciti a ricostruire il movente di quanto accaduto: Pennasilico, insieme al figlio Generoso (per il cui tentato omicidio nel settembre scorso è stato già tratto in arresto Bruno Di Meo, figlio di Nicola), fu attirato in una trappola con l’inganno di recuperare dei bovini dispersi di proprietà delle vittime. Gli accertamenti hanno consentito di acclarare che durante le due azioni di fuoco (omicidio e tentato omicidio) furono esplosi almeno 8 colpi da tre armi diverse, due fucili da caccia caricati a pallettoni e una pistola calibro 9. Secondo i carabinieri l'imboscata fu organizzata e premeditata nei minimi dettagli. Alla base della faida vi sarebbe una forte acredine tra le famiglie Pennasilico e Di Meo legata alla spartizione delle aree di pascolo del bestiame.

I fratelli Di Meo, arrestati quest'oggi, avrebbero fornito un alibi infondato, sconfessato dalle dichiarazioni dei testimoni raccolte, dall’analisi dei tabulati dei loro cellulari e dalle intercettazioni ambientali e telefoniche. L’agguato, infatti, non a caso concise con la festa patronale della Madonna di Carbonara, molto sentita in quei luoghi, verosimilmente in quanto la presenza di molte persone nei pressi del santuario del posto e gli eventi in programma avrebbero potuto attestare falsi alibi (Bruno, infatti, dichiarò di aver fatto uso di armi in occasione del “tiro al caciocavallo”, evidentemente per giustificare l’eventuale presenza di polvere da sparo sui vestiti). La perizia medico legale ha confermato che Domenico Pennasilico fu prima ferito ad una gamba e poi freddato da distanza ravvicinata, cosi come in parte rivelato dalla stessa vittima al figlio prima di morire, durante la sua ultima drammatica telefonata.