La verità per il piccolo Carlo, morto a soli due anni

La battaglia dei genitori del bimbo che ha perso la vita dopo aver ingerito del detersivo

Pellezzano.  

Nessuno potrà portare indietro il sorriso del loro piccolo, ma che si faccia chiarezza sul motivo per il quale si è spento per sempre è la battaglia che i suoi genitori portano avanti da oltre 4 anni. Insultati, trattati come assassini, come chi, volontariamente, avrebbe tolto la vita al bene più prezioso che un padre e una madre possono avere, il proprio figlio. Hanno così deciso di lasciare la propria casa. Pellezzano, piccolo comune del salernitano, ha teso loro una mano, consentendogli di portare via con loro la salma del bimbo perché “un posto per una bambino si trova sempre”. In questo modo ora sono di nuovo tutti insieme, in una comunità che li ha accolti dopo il dramma che li ha colpiti.

Sono i genitori del piccolo Carlo Russo, il bambino morto a due anni il 28 agosto del 2015 dopo aver ingerito detergente per lavastoviglie nel bar di San Martino in Rio, Reggio Emilia, gestito dai genitori, mentre si trovava con la madre. Il piccolo si era spento in ospedale, al Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, dopo 2 giorni di agonia, la famiglia da allora chiede giustizia e che siano individuati i colpevoli. Costretti ad andare via dall'Emilia Romagna per sfuggire al giudizio pesante delle persone che hanno visto in una madre un'assassina.

Per la morte del piccolo Carlo sono imputati per omicidio colposo 4 medici del Santa Maria Nuova e sì, anche la madre, per omesso controllo e concorso in omicidio colposo. Quella tragica sera si era distratta un attimo. “Erano le 19 del 18 agosto del 2015 – racconta il padre, Antonio Russo -. Mio figlio era con la nonna e stavano andando a fare la spesa al supermercato proprio alle spalle del mio bar (il Black or White di San Martino in Rio che gestiva con la moglie Giusy). E' corso dentro a salutare la mamma. Mia moglie stava facendo le ultime pulizie prima di effettuare la chiusura. Stava usando del detersivo per igienizzare la lavastoviglie, cosa che fa tutte le sere. Si è portata per un istante verso il lavandino e quando si è girata ha visto Carlo con le mani al collo dopo aver bevuto un po’ di liquido. Lo ha subito capovolto e lo ha indotto a rimettere, poi sono arrivati i soccorsi che lo hanno trasportato al Santa Maria a Reggio”.

All'ospedale - secondo Antonio - la situazione sembrava tranquilla. Il piccolo era stato intubato per poi essere sottoposto alla gastroscopia. Per il liquido bevuto avrebbe subito una lacerazione di primo grado all’esofago. La situazione si sarebbe poi improvvisamente aggravata fino al peggioramento delle condizioni del piccolo. “Alle 6 di mattina ci hanno chiamato dicendo di correre in ospedale. Quando siamo arrivati abbiamo scoperto che da quaranta minuti gli stavano praticando il massaggio cardiaco. Ma non c’è stato niente da fare, purtroppo” racconta Antonio Russo.

Sotto accusa, per i pm e i familiari, l’utilizzo in ospedale del Propofol, un farmaco sedativo sconsigliato in età pediatrica e che sarebbe stato somministrato in modo massiccio al bimbo. Sarebbe stata la sindrome da infusione da Propofol ad uccidere il proprio figlio. Ma sarà il tribunale di Reggio Emilia a dover chiarire come sia morto il piccolo Carlo.

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