Omicidio del pastore: arrestato il killer 23enne

E' caccia ai complici. L'agguato nei boschi nato da litigi tra famiglie per il pascolo dei bovini

Giffoni Sei Casali.  

Un brutale omicidio - a sangue freddo - che sarebbe scaturito da continui litigi tra due famiglie per motivi legati al pascolo dei bovini. Alle prime ore del mattino i carabinieri della sezione Operativa  della Compagnia di Battipaglia, della Stazione di Giffoni Sei Casali e Giffoni Valle Piana, hanno eseguito un provvedimento cautelare in carcere, emesso dal gip di Salerno su richiesta della locale Procura, nei confronti di Bruno Di Meo, 23enne originario di Giffoni Sei Casali. L'accusa nei suoi confronti è di tentato omicidio, concorso in omicidio volontario e porto ingiustificato di arma da sparo. 

Il giovane sarebbe responsabile della morte del pastore 60enne Domenico Pennasilico, trovato senza vita in un dirupo nella frazione Sieti di Giffoni Sei Casali nell'aprile scorso, e del tentato omicidio del figlio Generoso Raffaele. Proprio quest'ultimo sarebbe stato colpito per primo - durante un vero e proprio agguato - da due o tre fucilate a pallettoni. Poi sarebbero entrati in azione forse anche dei presunti complici del 23enne. 

Raggiunta con due colpi a distanza ravvicinata la vittima, Domenico. Gli spari gli avevano procurato ferite al gluteo sinistro, alle gambe e al dorso, risultate per lui fatali. Il padre, in quei momenti coincitati, avrebbe anche cercato di avvisare il figlio, con una disperata telefonata, dicendogli di scappare via.

Entrambi si trovavano in una zona di pascolo per recuperare dei capi di bestiame dispersi. Il corpo del 60enne era stato poi stato ritrovato dopo qualche ora nei pressi di un torrente, ai piedi di un dirupo. Generoso Raffaele Pennasilico, nonostante le ferite,era riuscito comunque a sfuggire all'imboscata e a chiamare i soccorsi e le forze dell'ordine, denunciando quanto era accaduto al padre che ormai da tempo non rispondeva più alle sue chiamate.

Ad incastrare Di Meo i tamponi effettuati dai Ris di Parma sui capelli e sugli abiti indossati quel giorno, rinvenuti e sequestrati dai carabinieri, che hanno accertato la presenza di polvere da sparo, prova dell'uso recente di un'arma da fuoco. 

Decisiva anche la  testimonianza del figlio della vittima. Altri importanti elementi che avrebbero indirizzato le indagini nei confronti del 23enne sono emersi dall'analisi dei tabulati telefonici e dalla registrazione della telefonata al 112 effettuata da Generoso Raffaele Pennasilico. Intanto le indagini non si fermano e proseguono per l'individuazione dei possibili complici che avrebbero aiutato il giovane nel suo intento. Il gip ha riconosciuto anche la contestazione dell'aggravante della premeditazione. 

Sara Botte 

Giovanbattista Lanzilli