Sconforto e dolore, traspare questo dalle parole di Serena Lamberti, sorella di Simonetta Lamberti. L' undicenne di Cava de' Tirreni, figlia del giudice Alfonso, è morta il 29 maggio del 1982, colpita in un agguato.
A morire doveva essere il magistrato, che rimase solo ferito. Tra i mandanti dell'aggressione la figura chiave del blitz della Procura Antimafia di Salerno, Antonio Pignataro, il 60enne pluripregiudicato, che dal 2015 stava scontando la sua pena agli arresti domiciliari. Ora si trova di nuovo in carcere, non più per il reato di omicidio, ma per essere a capo di un'associazione di stampo mafioso che avrebbe avuto interessi in alcune attività dell'amministrazione comunale di Nocera Inferiore: un'inchiesta venuta alla luce due giorni fa che coinvolge 20 indagati e vede quattro arresti.
“Sono rimasta sconcertata quando ho appreso della notizia l'altro giorno – racconta ai microfoni di Ottochannel Serena Lamberti, sorella di Simonetta -. In realtà da due anni, cioè da quando Pignataro si trova ai domiciliari mi chiedevo come fosse possibile che un assassino appena condannato per un omicidio commesso fosse potuto tornare a casa dalla sua famiglia. Alla fine si è rivelato per quello che è, non sarebbe dovuto uscire. Una presa in giro enorme – precisa Serena - il nostro dolore è stato preso in giro di nuovo.
Io quest'uomo l'ho incontrato in tribunale, ha voluto parlare con me, con mia mamma, ha voluto darci una lettera. Ci ha chiesto perdono guardandoci negli occhi. E' tremendo il pensiero che lui che è l'assassino di mia sorella e che ha distrutto la nostra famiglia ha avuto la possibilità di stare a casa con la sua famiglia, una possibilità che io non avrò mai, non ho mai avuto”.
Sara Botte