Salvatore è stato ucciso dallo Stato e dalla burocrazia

Parla Damiano Cardiello, avvocato del pensionato morto a Eboli mentre gli abbattevano la casa.

«Non c'erano i presupposti per la demolizione. Ma hanno voluto andare avanti lo stesso. Ecco il risultato»

Eboli.  

Vittima della burocrazia e vittima dello Stato». Non usa mezzi termini l'avvocato Damiano Cardiello, difensore di Salvatore Garofalo, il 64enne morto per infarto mentre assisteva all'abbattimento della sua casa abusiva a Campolongo, nella zona costiera di Eboli.

«Sono state rigettate tutte le nostre istanze. Chiedevamo di attendere l'approvazione della nuova normativa. Niente. Eppure – aggiunge il legale – non c'erano i presupposti per un abbattimento».

L'avvocato Cardiello spiega: «Salvatore Garofalo era un malato terminale, viveva con un rene trapiantato. Divideva la casa con la moglie e tre nipoti, tutte minorenni. Ma non solo. In quella casa abitava da trent'anni. E aveva una sola fonte di reddito: il sussidio dello Stato. Per le sue precarie condizioni di salute non poteva fare quello che ha fatto per tutta la vita: il bracciante agricolo».

«Davvero era il caso di agire in quel modo. Di mandarlo per strada. Non era forse preferibile fermare quelle ruspe?».