“Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto, fino al mattino. Poi la strada la trovi da te, porta all'isola che non c’è” cantava Edoardo Bennato nella sua famosissima canzone del 1980 “L’isola che non c’è”.
Una frase che oggi sembrerebbe scritta per questa campagna elettorale regionale scomparsa e per una politica che non c’è, che è nascosta, distratta e concentrata a guardarsi dentro tra le ansie di chi prova a non essere fatto fuori e le convinzioni di chi si sente già eletto.
Non si era mai votato in piena estate, non si era mai vista una campagna elettorale in agosto e, soprattuto, non si erano mai aperte le urne in stato di emergenza e con la paura a farla da padrone.
Da sempre settembre è il mese dei buoni propositi. Nonostante non sia l’inizio e la fine di niente, per tutti settembre è il primo mese dell’anno nuovo. I tempi scolastici hanno scandito il vero scorrere dell’anno e dunque è settembre l’inizio di tutto. In una società che si concentra sul rimanere sana o sul cercare il colpevole perfetto sul quale far ricadere la responsabilità del virus, del contagio e della pandemia, non è per nulla facile pensare ad un’elezione che ormai da mesi danno già per scontata, con lo sceriffo di Salerno riconfermato dal suo popolo per acclamazione dopo l’ennesima diretta Facebook del venerdì.
E dunque, mentre tutti vomitano ogni sorta di condanna per Briatore, nelle strade della città e delle provincie girano, o provano a farlo, i candidati consiglieri che, dopo aver cambiato lista, partito, volto e vestito, devono per forza di cosa mantenere le distanze mettere la mascherina, non stringere le mani, figurasi dare quei fruttuosi e bavosi baci democristiani. Questa nuova politica della fase di convivenza Covid con distanziamento sociale e mentale obbligato, ha spento la visibilità della politica e ha aperto le danze ai sotterfugi, agli intrighi di potere e ai mezzi un po’ maleodoranti del consenso. Quegli stessi mezzi che portano ad essere i meno raccontabili, i meno formati, i meno presentabili i più votati.
Ma in un periodo storico nel quale le ideologie sono un male e le idee sono morte e sepolte, non resta che il consenso e il macchiettismo da social per essere in sintonia con il popolo. In una campagna elettorale come questa ci saremmo infatti aspettati, qui in Campania, una discussione seria sulla sanità pubblica, sulla gestione dei vari ospedali, un confronto sulla ristrutturazione dell’intero sistema sanitario regionale. Invece è andata diversamente, con le dirette Facebook dai Covid center, con gli scandali inesistenti sbattuti in prima pagina e con le inutili dichiarazione al vetriolo tra un candidato ed un altro o ancor peggio tra un candidato e il sempre presente Matteo Salvini, il quale dopo aver girato l’Italia a dire “prima i sardi”, “prima i marchigiani”, “prima i veneti”, “prima i siciliani”… ha colonizzato i pullman di Napoli con la sua foto e la solita scritta “prima i campani”.
Tutti primi in un mondo in cui degli ultimi si sono dimenticati tutti perché delle cose serie in questa campagna elettorale non si parla. Della Whirlpool, ad esempio, e del futuro dei suoi lavoratori e delle sue lavoratrici di via Argine, non si parla, eppure erano tutti pronti a farsi i selfie una anno fa con la maglietta bianca degli operai.
Della camorra, di quanto ancora incide nella costruzione sociale, istituzionale ed economica della nostra regione nessuno parla. Dello spopolamento di interi territori della Campania, ancora nessuno parla e nessuno ascolta. Di quelle file lunghissime ai caselli con le macchine cariche di pacchi con dentro giovani soli e famiglie intere, in direzione di un nord che è ancora meta di realizzazioni lavorative qui in Campania bloccate proprio da una politica che non c’è.
Le elezioni ci sono e come sempre ci saranno i vinti e vincitori, gli eletti e i trombati, i forti e i miracolati. Le elezioni ci sono e decideranno del futuro di ognuno di noi. A non esserci è la campagna elettorale e il silenzio assordante della maggioranza dei campani è l’emblematica fotografia dei nostri tempi, è la rappresentazione plastica della distanza enorme che c’è tra una politica che neanche indica più la strada per “l’isola che non c’è” e i cittadini che a quei racconti non hanno neanche più la capacità di crederci.