A Villa Pamphilj, dove si svolgono gli altisonanti “Stati Generali” di Conte, va in scena il grande reality show della politica italiana, quella con la “p” minuscola e l’EGO maiuscolo.
Uno show organizzato da chi, come Casalino, di reality se ne intende. Un siparietto tutto incentrato sul tentativo di mostrare un presidente del consiglio vincente e caparbio.
Le immagini che vengono dal summit, studiate e innaturali, hanno come unico scopo di nascondere la verità. Le fotografie dalla location, delle auto blu, delle mascherine ben calzate con dietro i sorrisi spensierati, stridono con la realtà di un Paese stanco, sofferente, spaventato e arrabbiato.
Le parole di autocompiacimento di Conte suonano come i vaneggiamenti di chi continua a distorcere la realtà, di chi pensa a vendere un prodotto avariato come se fosse nuovo e ancora spendibile. Quelle parole hanno la stessa irrazionale caparbietà dell’orchestra del Titanic che continuava a suonare mentre tutto affondava.
E infatti mentre il premier è intento a dire di aver salvato vite in Italia e in tutta Europa con l’azione del suo governo, nel Paese reale è in atto una delle manifestazioni più dure, più commoventi e composte della storia italiana. I familiari delle vittime di Covid che chiedono giustizia, che vogliono la verità, che raccontano storie atroci, sofferte e intense. Storie che si vorrebbe tenere, come al solito, sotto il tappeto della smemoratezza italiana, storie da dimenticare, da isolare.
Mentre a Villa Pamphilj si mostrano economisti e istituzioni internazionali con lo stesso entusiasmo idiota dei bambini che mostrano agli amichetti il loro tesoro di figurine, nel Paese reale troppi cittadini sono al limite, schiacciati da una burocrazia che neanche il Covid ha scalfito e che ha bloccato per l’ennesima volta l’Italia.
Mentre agli Stati Generali si fanno e si disfano tavoli, si mettono e si tolgono le mascherine, nel Paese reale c’è chi vorrebbe capire cosa è successo e come ci si organizza sul futuro.
Mentre a Villa Pamphilj un capo di governo è intento ad autoproclamarsi, ad autoesaltarsi e a fregiarsi dei successi ottenuti, nel Paese reale Mohamed Ben Ali, un bracciate invisibile di 37 anni, muore tra le fiamme della sua baracca nell’inferno umano di Borgo Mezzanone, proprio dopo che il governo aveva detto che non ci sarebbero più stati invisibili.
Mentre il reality della politica si concentra nell’ennesima passerella, fiero e orgoglioso di ascoltarsi, il Paese reale si chiede perché abbiamo aperto qualsiasi attività tranne le scuole.
Mentre la politica si mette in vetrina, il Paese reale prova in tutti i modi a capire cosa abbia scosso le fondamenta e le certezze, anche scientifiche, del nostro fragile e invecchiato sistema socio-economico.
C’è un Paese reale, diverso da quello raccontato dalle nostre istituzioni. Un Pese distante anni luce dalla celebrazione ridicola di Villa Pamphilj, che più che contare le vite salvate vorrebbe far luce sulla vite perse, vorrebbe capire chi ha permesso per l’ennesima volta che il profitto schiacciasse l’umanità prevaricando sulla salute e sulla sicurezza dei cittadini.
C’è un Paese reale che a Villa Pamphilj non parla, non viene ascoltato, non viene raccontato perché in questo cinico reality della politica italiana lo spazio per la realtà, quella vera, quella scomoda, quella che mostra gli errori e le sofferenze, non c’è.
L’Italia di Villa Pamphilj è una nazione truccata a festa, che crea e mette in mostra successi lì dove si sono consumate tragedie. È un’Italia falsa. Un’Italia solo narrata.