“Napoli è più simile a Betlemme che a Berlino” ha scritto stamattina in un lungo post Facebook il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.
Napoli però non è Berlino e non è Betlemme. Napoli è Napoli. Non è europea e non è araba, è semplicemente napoletana. Un unicum, un mondo a sé, con la sua storia, la sua tradizione la sua cultura. La capitale di un Sud immaginario, che non è mai esistito, non esiste e non esisterà mai come entità unica.
Eppure il pregiudizio che avvolge la città si è incrostato così tanto anche a causa di una difesa che spesso fa più danni degli attacchi. la riproposizione ostinata dei cliché ha reso Napoli una cartolina, una vetrina nella quale mettere in mostra tutto, il mare, il sole, il mandolino, la pizza e il babbà, esposti come simboli affianco al dolore, alla sofferenza e alla povertà dei vicoli, delle periferie, del “Ventre”.
Eppure, mai come in questa pandemia, da Napoli sono emerse eccellenze mondiali, reali, vere. In Italia nessuno le ha raccontate perché Napoli conviene e torna utile quando bisogna mostrare quella vetrina, nel bene e nel male. Scavare rompere la crosta dei pregiudizi è difficile, è sconveniente.
Mentre dalla Lombardia iniziano ad emergere gli scandali dei focolai tenuti nascosti per non fermare le produzioni e il profitto, da Alzano a Nembro per arrivare a Bergamo, da Napoli giungono storie di civiltà di solidarietà e di rispetto delle regole.
Alle accuse non si può ribattere, come ha fatto il sindaco, che in città c’è gente in strada perché “Napoli è un abbraccio, siamo sempre stretti, un'nguollo a nat”. Qui non c’è nessun abbraccio e quel nugolo di vicoli e di “bassi”, che ancora oggi ci vendono come un'esotica rappresentazione della città di Partenope, è invece una piaga che segue la storia di un popolo. Quel “Ventre di Napoli” che con forza e coraggio Matilde Serao già nel 1884 denunciava, è ancora uguale con la stessa povertà e la stessa sofferenza. Quello stomaco è ancora in sussulto per l’incapacità di chi governa. In quel “Ventre” c’è la casa di Ugo Russo, il 16enne ucciso mentre stava compiendo una rapina la notte del primo marzo. In quel “Ventre” c’è la solidarietà spontanea delle associazioni, il paniere spontaneo del “chi può metta e chi non può prenda”. In quelle strade dove la densità umana è negli odori, nei rumori e nelle cose che si agitano sempre, c’è tutta la storia di Napoli, il bene e il male che convivono negli spazi stretti di una città che cresce in maniera spontanea senza che nessuno la provi mai a governare ma che tutti sono pronti a descrivere, ad amare o odiare con lo stesso sguardo offuscato da quella crosta di pregiudizi.
Le offese e le difese sono dettate da quella stessa demagogia inutile che vuole Napoli come un’entità ferma e cristallizzata nei suoi cliché. Napoli è un scorrere continuo, lo è la sua storia. In questi vicoli, in queste piazze, in questi “bassi” sono passati, passano e passeranno le lingue, le culture, le idee, le arti. Tutti passano, prendendo e lasciando qualcosa, trasformando la città e trasformando se stessi.
Per questo Napoli non è Berlino e non è Betlemme. Napoli è Napoli con i suoi pregi e suoi difetti, con le sue forze e le sue debolezze, ci vorrebbe il coraggio di rompere quella crosta di pregiudizi e cliché, smettere di raccontare Napoli e iniziare semplicemente ad ascoltarla.