Non ci sono le mascherine. Non ci sono in tutto il mondo non solo in Italia. Nella moderna e luminosa New York il sindaco più cool del pianeta, è costretto a comunicare ai newyorchesi di uscire coprendosi bocca e naso con qualsiasi cosa.
Non ci sono i posti per tutti in ospedale e non solo in Italia, non ci sono cure, non c’è organizzazione, non ci sono armi.
Eppure qui da noi le cose diventano sempre più paradossali. Abbiamo una struttura che dovrebbe occuparsi di emergenze e invece ci accorgiamo che è inconsistente proprio come lo fu con i mondiali di nuoto. Ebbene si perché in Italia anche i mondiali di nuoto, programmati anni e anni prima, divennero un’emergenza e li gestì per questo la struttura che si occupa dei disastri.
In poche ore il Paese ha collezionato una sequela di pessime figure. Errori, malfunzionamenti, comunicazioni errate, incompetenze. Non sono solo un danno per l’immagine di una parte della classe dirigente ma i sintomi lampanti del fallimento dello Stato.
Ancora oggi gli italiani non hanno ben chiaro cosa stiamo vivendo, come lo stiamo gestendo e soprattuto quale sia l’obiettivo verso il quale stiamo andando.
In sequenza la prima brutta figura è quella delle mascherine inutili inviate “per errore” dalla Protezione Civile ai medici di base, cioè a chi ogni giorno rischia la vita svolgendo il suo lavoro. Una scena che ci mostra la stessa Italia che, 80 anni fa, mandava i suoi ragazzi verso il terribile inverno russo senza equipaggiamento.
La seconda debacle è stata quella del sito dell’Inps bloccato il giorno della presentazione delle domande per il contributo dei 600 euro alle partita iva, con il presidente Tridico che ha tentato di giocarsi la carta dell’attacco hacker, con la stesso risultato dello scolaro che non trova il quaderno dei compiti perché lo ha mangiato il cane. In serata arriva anche lo sbeffeggio di Porn-Hub, piattaforma leader del mondo del porno online, che offre il suo aiuto tecnico all’Inps, visto che la loro struttura gestisce milioni di utenti contemporanei.
Le forniture che non arrivano fanno tornare alla mente l’immagine di ogni terremoto, di ogni alluvione, di ogni tragedia italiana. Nelle quali, al dramma della calamità, si somma la tragedia del non riuscire a far funzionare le cose.
La pandemia per sua natura è un’evento globale ma qui da noi assume le tipiche caratteristiche della tragedia all’italiana.
SI contano gli errori, sui quali c’è il nome e il cognome di chi li ha commessi, e che sono palesemente frutto di un sistema sbagliato e per i quali nessuno pagherà e nessuno si assumerà le responsabilità.
Si sommano le speculazioni, si confondono e si intrecciano gli interessi, si perdono i volti e i nomi. Si mette in mostra un sistema che più che prepararsi agli eventi prepara carte, faldoni e strutture che poi si rivelano vuote ed inutili.
Purtroppo anche l’epidemia di coronavirus è diventata una tragedia all’italiana, nella quale il Paese scopre i suoi nuovi eroi, quelli silenti, che fuggono ai riflettori, quelli che oggi vengono osannati e che dopo saranno dimenticati.
Fu così in quel freddo russo con una generazione abbandonata dallo stato e costretta a all’eroismo per salvarsi. È stato così ad ogni terremoto, ad ogni alluvione ad ogni crollo, con gli angeli volontari, la forza dei sopravvissuti e il buio che poi ha avvolto le loro storie.
Oggi che siamo tutti l’epicentro, siamo tutti i terremotati, gli alluvionati, i naufraghi, oggi che viviamo tutti nella stessa condizione di pericolo e paura, abbiamo il dovere di guardare dentro gli errori, gli sbagli, le inefficienze e le incapacità. Oggi che siamo tutti nelle mani degli eroi senza nome di questa tragedia, abbiamo l’obbligo di non abbassare i riflettori sulle loro e sulla nostra storia, una volta che tutto sarà passato.