Lo avevamo detto e l’avevamo scritto subito dopo il pareggio di Foggia che non bisognava assolutamente alimentare rimpianti o sentimenti impregnati di rammarico per i due punti lasciati allo Zaccheria nei minuti finali con l’avversario in inferiorità numerica. Il nostro pensiero era quello che il calendario, a distanza di soli tre giorni, proponeva lo scontro diretto al Vigorito contro il Pescara che in caso di successo avrebbe consentito di “coronare” il lunghissimo inseguimento con una sorta di “traguardo volante” che fa tanto morale e riempie di soddisfazione, quel secondo posto che vuol dire sorpasso al Palermo ma soprattutto promozione diretta in serie A. Ed i giallorossi è come se ci avessero ascoltato perché il big match contro gli adriatici, la partita spartiacque, l’hanno giocata con lucidità, concentrazione, determinazione, buona applicazione tattica, ma soprattutto con il cuore. Quel cuore che ha conquistato, trascinato e trasportato i diecimila e passa, ma soprattutto messo alle corde il Pescara, ancora di più di quanto dica il risultato finale che non rende giustizia. Un rigore fallito, due legni, almeno cinque occasioni da rete create, pressing asfissiante, geometrie piacevoli. Una serata dove il Benevento ha legittimato sotto tutti i punti di vista il suo ingresso nella zona serie A con un graduale crescendo e la consapevolezza che il gruppo, al di là dei discorsi tecnici e tattici, di gol, dribbling o altro ha acquisto la mentalità vincente e si è finalmente “coniugato” dopo un lungo fidanzamento fatto di alti e bassi con il suo popolo ed ora con questo binomio fatto di passione e reciproca corresponsione il gran finale avrà un gusto particolare ma soprattutto si vivrà in un clima ancora più bello.
Ma al di là di tutte queste considerazioni c’è l’aspetto più concreto ed importante da sottolineare, anche se viviamo un campionato che propone una classifica corta e quindi grandi equilibri e le cosiddette “pericolanti” che sono una autentica mina vagante. Il Benevento da martedì sera è diventato padrone del suo destino. Il lungo ed a tratti inatteso ed esaltante inseguimento si è concluso. Ora non deve attendere i risultati del Palermo o del Pescara o del Lecce. Sa che se fa il suo dovere può continuare a sognare con pieno diritto nel ritorno nel paradiso del calcio, ma naturalmente senza pressioni e tensioni… Le emozioni degli ultimi dieci minuti di ieri e del dopogara sono troppo belle, uniche e particolari, vanno rivissute e sicuramente al di là di ciò hanno creato un qualcosa nell’anima di ognuno, tifosi, calciatori, addetti ai lavori e così via. Per non parlare di quell’abbraccio liberatorio e commovente in tribuna vip diventata per alcuni minuti una sorta di curva, tra Bucchi e Vigorito. Ci mancava Foggia, ma lui stava in panchina a piangere di gioia ed orgoglio come hanno fatto nel proprio intimo tanti beneventani.