A noi napoletani, e tifosi del Napoli, non importava niente che si vincesse o perdesse - certo battere l'Inter ci sarebbe piaciuto - ma una prova di forza e coraggio che certificasse la nostra presenza lassù ci sarebbe piaciuta. E così è stato.
Il Napoli, finalmente il nostro Napoli, ha giocato una partita sontuosa, lasciando all'Inter, alla scudettata Inter, alla capolista Inter, niente di niente. Anzi no, una punizione ben oltre il limite dell'area, che Federico Di Marco batteva alla Maradona, nello stadio a lui intitolato, mettendola nel sette di destra della porta difesa da un immobile e incolpevole Alex Meret.
Negli articoli che hanno preceduto la sfida scudetto avevo chiesto agli azzurri di giocare da Napoli, dopo una pausa agonistica, tattica e psicologica durata un intero mese e, manco avessero letto la mia accorata esortazione, hanno trasformato una sfida data per persa dai più (anche il sottoscritto tanto fiducioso non era) in una prova di forza, intensità e valore che è apparsa doverosa per chi ha a lungo guidato la classifica e che è ancora là a giocarsela per lo scudetto. I veri punti di forza della straordinaria prestazione della squadra partenopea sono venuti proprio da quelle che erano in premessa apparse come le principali ragioni delle cattive prove azzurre di febbraio, il famigerato 3-5-2 e i molti infortuni occorsi ai calciatori azzurri, per ultimo quello di uno Zambo Anguissa, reo di un inopinato calo atletico e tecnico dopo aver giocato quello che, a detta di tutti, era stato il suo migliore anno in Italia.
Così Antonio Conte si prendeva la sua rivincita contro tutto e tutti, proprio con le armi che gli erano state più criticate e per le quali era stato osteggiato e deriso come non mai. L'ho già scritto ieri (dopo almeno un milione di volte, in riferimento però a un calciatore diverso l'anno scorso) e lo ripeto oggi, la chiave di volta della partita è stata tutta nella scelta di giocare con quel moto logico e perpetuo di Billy Gilmour, in sostituzione di Anguissa, che ha di fatto schiantato il centrocampo interista, dove non si sono mai visti giocatori del calibro di Nicolò Barella, Hakan Çalhanoglu e Henrikh Mkhitaryan.
Il Napoli, che avrebbe meritato abbondantemente di vincerla la partita, l'ha raddrizzata proprio là, superando la sfida a centrocampo, surclassando quello dell'Inter e obbligandolo a subire il 62% di possesso palla, 19 tiri a 6 e 12 calci d'angolo a 3. Per non parlare poi del più del doppio dei falli commessi dalla squadra milanese, manco fosse l'ultima delle provinciali.