Torino-Napoli era tante cose in una partita di calcio. Su tutte, due passioni autentiche e immacolate, non contaminate da affari e mutazioni genetiche. Una sfida "d'altri tempi" la potremmo ancora definire. E anche le premesse, almeno quelle provenienti dalle due società direttamente interessate all'evento, avevano rispettato i principi di sportività e lealtà appena espressi.
Le preoccupazioni nascevano, piuttosto, dal polverone sollevato dalle dichiarazioni di questo o quel dirigente sportivo - anche non direttamente coinvolto nei fatti - e dagli articoli di giornale che ancora ponevano falsi e inopportuni accenti sui due gialli mancanti a Lukaku nella sfida contro la Roma e sulle precedenti dichiarazioni di Antonio Conte a difesa dei più elementari principi di tutela del gioco del calcio e della sua veridicità.
A far da garante (o paciere) era stato mandato ad arbitrare in terra piemontese quel Michael Fabbri, direttore di gara ravennate, dal passato non esattamente gravido di valori e integrità. A questo si aggiungeva il fatto che la squadra granata era in un momento di oggettiva difficoltà e avrebbe perciò giocato con il sangue agli occhi.
Sul fronte azzurro, Antonio Conte aveva detto in conferenza stampa (anticipata) prepartita che nessun calciatore dell'attuale rosa, felice o scontento che fosse, si sarebbe mosso da Napoli, a dispetto delle recenti difese d'ufficio - o perorazioni, fate voi - promosse addirittura dal CT della nazionale italiana, Luciano Spalletti. C'era da rendicontare per i partenopei anche il fatto che, stando lassù in classifica, sarebbe stato più facile avere paura del vuoto ovvero sarebbe stato più agevole, per chi era più in basso (in tutti i sensi) e fosse dotato di un'arma da fuoco, prendere con calma la mira e freddamente sparare.
Insomma, c'erano tanti buoni motivi per attendersi una prova ulteriormente chiarificatrice delle reali possibilità del Napoli di combattere con le prime fino alla fine del campionato, nonostante gli eventi avversi che di sicuro avrebbe incontrato sulla sua strada. Alla fine del primo tempo - non trascendentale (come al solito) e con qualche rischio di troppo corso su situazioni banali di gioco - il Napoli era (quasi) meritatamente in vantaggio, grazie a una bella serpentina di Kvaratskhelia e a un sinistro dritto per dritto del bravo McTominay, non adeguatamente contrastato dal portiere granata Milinkovic-Savic (che poi però risulterà decisivo in molte altre situazioni). La conclusione non tradiva lo svolgimento e il muso restava corto e vincente.