Erano tutti alla finestra per vedere "la reazione del Napoli dopo la scoppola dell'Atalanta" (citazione da Alessandro Costacurta). La cosa necessitava però di un quadro più dettagliato. L'Inter era la squadra scudettata ed era, come e più della stessa formazione bergamasca, psicologicamente forte, tecnicamente sedimentata e fisicamente strutturata. Il tema tattico della partita era chiaro ancora prima del calcio d'inizio: Napoli basso a difendere stretto e compatto e Inter aggressiva e alta a chiudere immaginifiche linee di passaggio a cui la squadra partenopea non sembrava peraltro essere più avvezza.
Qualcuno diceva a causa della perdita di quel centrocampista delizioso e discontinuo andato proprio a Milano, sponda nerazzurra, che rispondeva al nome di Piotr Zielinski (e che il Napoli si sarebbe con grande probabilità trovato di fronte dal primo minuto nella sfida di San Siro). I quotidiani sportivi del nord (e non solo) si erano prodigati a inventarsi stupide rivalità, se non vendette, per le parole di Antonio Conte, peraltro datate, il quale si era attribuito il merito di aver risollevato dalle macerie il centro sportivo di Appiano Gentile, cosa del resto (se falsa) facilmente confutabile dai vertici societari meneghini.
A dare ulteriore credito all'inconsistenza, c'erano poi le presunte insoddisfazioni di Antonio Conte nei confronti di Romelu Lukaku, che avrebbe visto in ritardo di condizione e non ancora pienamente decisivo rispetto ai monotoni schemi d'attacco (che parolone!) preparati per lui. Per non parlare del fatto che dopo il post del presidente Aurelio De Laurentiis sugli obiettivi stagionali - apparso perfettamente in linea con le parole pregresse del suo tecnico - si era ipotizzato per il patron una involuzione senile (o un sacro terrore) fino a giungere alla defilippiana scrittura sotto dettatura. L'arbitro era Maurizio Mariani, un mediocre assurto dal furbo commentatore televisivo Luca Marelli a nuovo deus ex machina della (pari a lui) classe arbitrale italiana. Di tanto edotti, le mie aspettative sul Napoli prima della partita si limitavano alle seguenti: prova di forza e fiducia ovvero di furbizia e fortuna, anche variamente combinate. Insomma, quattro impersonali F a dar sostegno e coraggio a un Napoli ancora - così dicevano o speravano - vacillante dopo le "scoppole" atalantine. La partita alla fine raccontava di una squadra azzurra che se la giocava con la prima della classe, con cui un anno fa c'era un divario di gioco e punti (41), e di un Napoli che meritava di stare lassù, arbitro o non arbitro