Anche Aurelio De Laurentiis ora ha il suo ventennio, grazie a Dio solo di successi e sconfitte sportive, di perdite e profitti - e che profitti, con due degli utili più cospicui per una società di calcio, rispettivamente nel 2017 e nel 2023 - e perfino di odio e amore. Il suo comportamento non è stato, del resto, sempre improntato alla bonarietà o alla moderazione, ma tant'è, difficile con lui lasciare senza prendere, difficile anche condividere senza dissentire o applaudire senza eccepire.
Quello che è successo dal 10 settembre 2004 ad oggi, per certi versi, necessiterebbe di un'analisi molto più complessa di una normale valutazione legata all'uomo, ai suoi pro e ai suoi contro, o pure all'imprenditore, che ha spesso manifestato spregiudicatezza, ironia, scaltrezza, millanteria, intuito, versatilità (anche troppa) e, in ultimo - proprio sul filo di lana, all'ultima conferenza stampa di un paio di giorni fa in occasione della presentazione di Sorgesana come back shirt sponsor del Napoli - lucidità, onestà e, soprattutto, commozione.
Ecco, molti o quasi tutti dimenticano che il calcio era uno sport, pulito, perfino eroico, fatto da uomini e pagato (in tutti i sensi) da uomini. Ora non lo è più. Oscuri fondi e oscuri interessi lo hanno minato nelle sue più profonde e autentiche fondamenta, trasformandolo in un gioco di prestigio, una play station in carne e ossa, con tanto di vincitori e vinti fasulli, schiavi di bilanci truccati e omessi controlli (e sanzioni). Aurelio De Laurentiis e pochissimi altri (tra cui cito per onore del vero e incommensurabile stima dell'uomo, Oreste Vigorito) c'hanno messo soldi, quelli veri, passione e virtù personali.
Nessuna rete di protezione né scappatoie finanziarie. Per questo contesto chi quella commozione l'ha criticata, ancor più chi l'ha messa in dubbio. Fare tanto, anche talvolta con arroganza e smodatezza (come perfino il figlio Luigi ha recentemente ammesso), ma conservando la "purezza" del fare e dell'errare (da lui stesso riconosciuta), consegna alla storia un uomo di successo - per la verità ben prima del calcio - e un tifoso del Napoli e di Napoli, che con tutti i suoi progetti da visionario ragionevolmente non trascinerà mai la società nel disonore di una liquidazione giudiziaria.
Lasciate, perciò, che il presidente si goda questo momento, ben sapendo che l'obiettivo raggiunto non è solo temporale, ma anche sociale e morale. Ha più possibilità lui, che chiunque altro gli succederà, di essere rimpianto da sincere, copiose e inarrestabili "lacrime napulitane".