Ottenebrato dalle esultanze per la nazionale italiana che ha vinto con una Francia che non batteva da 16 anni (pensate come siamo messi male) grazie a una formazione solo un po' più logica di quelle presentate agli Europei, torno alle misere faccende di casa. Perdonate la mia persistente controtendenza a minimizzare il valore tecnico dell'attuale squadra del Napoli, ma io non scorgo - a oggi - alcun significativo elemento di conforto per il futuro. E vi spiego perché.
Il portiere, Alex Meret, a dispetto di questa o quella parata più o meno buona o decisiva, continua a mancare sia di continuità che di personalità. E questo è un problema non da poco per una retroguardia che deve dimenticare la caterva di gol presi nella scorsa stagione, i quattro su tre partite già incassati e i sorci verdi che in esse ha visto. Per la difesa vale lo stesso discorso, con l'aggravante che ha cambiato modulo (ritornando a quello proposto da quello sventurato di Mazzarri) e a cui, per citare due a caso, né Di Lorenzo né Rrahmani sembrano essere particolarmente inclini.
Certo c'è Buongiorno, bravo e tenace, ma ad oggi non sembra né Koulibaly né Kim Min-jae. Ultima notazione su quella porzione di campo. Fermo restando che rimuovendo il quarto alla difesa Conte ha tolto dalla sua disponibilità il nazionale uruguaiano Olivera - che è stato spostato a fare tutta la fascia sinistra con il risultato (non proprio indesiderato) di pestare i piedi a Kvaratskhelia e spingerlo così ad accentrarsi - e il professor Rui, finito a fare il nababbo in pensione a spese del Napoli, resta da chiarire se si infortunano due giocatori là dietro chi ci gioca dopo le cessioni di Ostigard (definitiva) e Natan (in prestito).
Non mi dite Rafa Martin, (pare) non voluto da Conte in quanto a suo dire non ha il palleggio giusto per la costruzione dal basso (ma da quando il signor Conte la pratica), o (di nuovo) Juan Jesus, che ogni volta che entra fa disastri inenarrabili. Punti forti sarebbero, con gli ultimi arrivi, il centrocampo e l'attacco ma (anche qua) inutili se non supportati dal gioco e soprattutto non disposti in campo in un modo che non li esponga sempre alle ripartenze delle squadre avversarie. Si invoca il ritorno al 4-3-3 o, almeno, a un 3-5-2 di più contiana natura. Qualunque sia la strada tattica che si intraprenderà, nulla avverrà senza lo spirito di gioia e di armonia, prima ancora che di abnegazione, di un gruppo omogeneo di ragazzi e di amici. Peter Pan (con la sua sfrontata spensieratezza e il suo irridente grido di vittoria) ancora docet!