A oggi gli acquisti del Napoli sono tre: Buongiorno, Rafa Marin e Spinazzola. Tutti difensori, a chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti (lo scorso anno), ma non so quanto poi così necessari.
Il primo, con i suoi 25 anni e le 4 stagioni consecutive di serie A al Torino, è un calciatore già maturo e (pare) anche forte, tanto da far parte del giro della nazionale. Il suo valore resta, tuttavia, tutto da dimostrare su palcoscenici piu importanti e competitivi ma, soprattutto, dove le pressioni (e le attese) sportive e sociali sono tanto maggiori da risultare talvolta anche insopportabili.
Lo spagnolo ha appena 22 anni, viene dal Real Madrid (che di norma i campioni non li lascia partire, recompra o non recompra) ed è additato come il nuovo Albiol. Premesso che le prime uscite non sembrerebbero sostenere questa tesi, resta il fatto che non basta essere di nazionalità iberica per avere le qualità tecniche e morali dell'ex azzurro.
Quanto a Spinazzola, destano perplessità l'età (31 anni), la lunga serie di infortuni e il fatto che sia di piede destro su una corsia di sinistra dove staziona da anni - braccetto o non braccetto - e con grande merito un tal Mario Rui (di due stagioni più vecchio), bravo, tosto, fidelizzato e vincente. Se si aggiunge che la rosa azzurra allo stato include per quelle zolle di campo anche Natan, Juan Jesus, Olivera, Rrahmani Mazzocchi e Di Lorenzo, si capisce come uno degli aspetti cruciali di questa fase della preparazione - che a dirla tutta può cambiare anche le sorti future degli impegni (solo) nazionali ai quali rispondere con la massima qualità (sennò che senso avrebbe avuto prendere Conte?) - è capire come si comporrà il gruppo futuro, su chi lavorare e chi no, su chi puntare e chi no.
L'assurdità di un mercato estivo aperto fino a fine agosto per permettere al "sistema" dei procuratori sportivi di prosperare e "contare" sempre di più a dispetto di chi ci mette i soldi e la faccia, è quello di penalizzare proprio società come quella partenopea che deve riorganizzare e rinsaldare le fila a tutti i livelli, rifondare le pregiudiziali morali prima che tecniche, scrollarsi di dosso paure e incertezze di un'annata disgraziata, creare nuove e durature gerarchie interne (mantenendo comunque equilibri secolari), costruire un rinnovato modo di stare in campo dopo decenni di 4-4-2 e - the last but not the least - sancire una diversa e forse ancora più entusiastica alleanza con tifoseria e città. In mancanza di queste inalienabili premesse, tutto quello che si fa ora corre il rischio di risultare inutile.