Confesso di essere un po' perplesso. Luciano Spalletti alla fine della stagione che aveva riconsegnato uno storico scudetto al Napoli, e anche con un margine imbarazzante di punti di vantaggio (aspetto da non trascurare), pur godendo il suo contratto con la società partenopea di una opzione per un altro anno di lavoro comune, peraltro regolarmente esercitata da Aurelio De Laurentiis, in combutta con il presidente della FIGC Gabriele Gavina e solo dopo aver un po' "pupiato" (avrebbe scritto Camilleri), è diventato il CT della nazionale italiana, fallendo poi clamorosamente e ignominiosamente ai campionati europei di calcio.
Se voluta - e certamente lo è stata - si è rivelata più infruttuosa e grottesca della "Operazione San Gennaro" di antica e felice memoria. Ricordate il bellissimo film del 1966 diretto da Dino Risi con Totò, Nino Manfredi e Senta Berger, in cui una improbabile combriccola di ladri provava a rubare il tesoro del santo senza riuscirvi? Ecco, più o meno la stessa cosa. Tutte quelle pretestuose lamentazioni del tecnico di Certaldo sulle bizze e l'insopportabilità del presidente azzurro e la boutade dell'anno sabbatico e della figlia adolescente e derelitta che attendeva a casa piangente il ritorno del padre emigrante (manco fosse partito per l'Australia), solo per sottoscrivere un accordo triennale con la Federazione, allenare nientemeno che la nazionale (peraltro più derelitta della figlia di Spalletti) e provare così a distruggere il giocattolo Napoli, messo in piedi - chissà come e chissà perché - dopo 33 anni di bocconi amari, ingiustizie e brevi ed effimere resurrezioni.
Se era tutta una messinscena per annullare la manifesta superiorità degli azzurri - durata appena una stagione - i due compari, più subdoli del gatto e della volpe di Collodi, ci sono perfettamente riusciti. Dispiace constatare che Aurelio De Laurentiis e i suoi parenti, più stretti che scaltri, ci sono cascati e, invece di "annusare il pericolo", sono finiti come polli dritti in bocca al vorace "nemico", vittime delle loro stesse supponenze e facilonerie.
Resta consolatorio registrare, tuttavia, il fallimento clamoroso - e altrettanto comico rispetto al film - dei due complici, a dispetto delle facce toste ostentate da entrambi all'indomani del disastro continentale. Spalletti, al quale vanno riconosciuti tanto i meriti quanto le stranezze della sua lunga e gloriosa carriera di tecnico di club, ha dimostrato di essere un inadatto selezionatore di nazionali, ancor prima che un imbarazzante accampatore di scuse. E così il tesoro di San Gennaro resta ancora dov'è.