Nella SSC Napoli regna la confusione più totale, così pure nella squadra e nella sua guida tecnica. La vittoria contro una Salernitana rattoppata al Maradona ci consegna un coacervo di calciatori senza capo né coda, astenici fisicamente e psicologicamente, vogliosi più di scappare via che di mettersi in mostra, così palpitanti di fragilità e paure che a districare la matassa ci vorrebbe Sigmund Freud in persona.
Eppure io non sono tra quelli che accusano - come è ormai consuetudine di tifosi e giornalisti - i giocatori di vanagloria, imborghesimento, gelosie o scarso impegno. I responsabili di questo sfascio, che ammonta ormai a 20 punti di distacco dalla vetta e 22 da quelli conquistati dallo stesso identico gruppo (o quasi) nello scorso campionato di serie A - senza dimenticare le mirabilie mostrate al mondo intero nel girone di Champions League - sono da ricercare in chi ha presunto di poter guidare una Ferrari senza avere la patente né aver mai neanche preso in mano un'automobile. A pensar male si potrebbe addirittura credere che sia stato fatto apposta, tanto marchiani sono stati gli errori commessi e tanto sconcertante è stata la capacità di peggiorarli nel tentativo di porvi rimedio.
Il Napoli di Walter Mazzarri è una creatura grottesca e malformata, in cui ogni tentativo da parte del tecnico di attenuarne la bruttezza o l'orrore dà puntualmente il risultato contrario. Far giocare Cajuste oggi come oggi è scandaloso, più o meno come mettergli un 6 in pagella. Il centrocampista olandese appare, non so se per sua natura o per mancanza di una guida tecnica adeguata (alla Spalletti per intenderci), lento, spaesato, falloso e mai decisivo nei momenti che contano. Lasciarlo poi in campo benché ammonito è una genialata degna del miglior Tafazzi.
Non è da meno la sostituzione di Gaetano - l'unico ad aver tirato nel primo tempo verso la porta granata - per inserire un Raspadori che è la controfigura del giocatore rapido, raffinato, manovriero e spumeggiante che era lo scorso anno. Per non parlare di Zerbin per Politano, che ha consentito così di portare a compimento la sepoltura definitiva di Lindstrom nel cimitero delle occasioni perdute. Ultima nota a me cara, Diego Demme. L'ho scritto e l'ho detto a De Laurentiis. È la spalla ideale per Lobotka, anche in un centrocampo a due. Dal suo ingresso è cambiata la partita e a lui si deve il gol del Napoli al 96esimo. Altro che "fortuna che aiuta gli audaci", senza l'infortunio di Cajuste staremmo ancora qui a leccarci le ferite. E chissà che non fosse la cosa migliore.