Non sapevo da cosa avrebbe ricominciato il Napoli di Walter Mazzarri in questo 2024, e penso non lo potesse sapere nessuno, neanche (e forse soprattutto) lo stesso Aurelio De Laurentiis. Ogni partita un busillis, ogni sfida un esame, ogni incontro una speranza per lo più disattesa o una delusione malcelata da una nuova, puerile "voglia" di ritrovare la strada smarrita. Almeno finché non sarebbe stato chiaro chi fossero - nel senso di nomi e ruoli - e cosa fossero - nel senso di cosa volessero rappresentare per loro stessi e per la maglia che indossavano - i protagonisti (calciatori e, perché no, anche guida tecnica) del girone di ritorno dei campioni d'Italia (ancora) in carica.
"Se c'era da rassegnarsi e da rivedere obiettivi e speranze che lo si facesse una volta e per tutte" - qualcuno, compreso il sottoscritto, aveva pensato - e la gara contro il Torino, ostica per definizione, non solo per il valore dell'avversario, ma anche e soprattutto a causa di quel tignoso e scorbutico di Juric, forniva a tal fine una opportunità irripetibile. L'impressione di tutti è che gli azzurri sarebbero tornati dal Piemonte con un'idea chiara e tombale sul loro futuro prossimo in questa (fin qui) disgraziata stagione.
Va aggiunto che la formazione partenopea andava a giocarsi questa carta da "dentro o fuori" con una specie di armata Brancaleone, tra dismessi, partiti, infortunati, inutilizzati (non si sa perché) e - non li escluderei - diffidati. Ad aggravare ancora di più la situazione c'era il fatto che il manipolo di reduci sembrava non avere un'idea chiara di come dovesse giocare, o semplicenente non potesse (per una forma fisica atavicamente precaria) o non volesse (tesi di una parte crescente della critica e dei tifosi) farlo.
Ultimo neo, che suscitava preoccupazioni che sembravano sempre più incubi, era, infine, il dato sconcertante della totale mancanza di integrazione dei tre nuovi acquisti estivi - Natan, Cajuste e Lindstrom - all'ordito azzurro. Va aggiunto che nessuno poteva ragionevolmente escludere una qualche forma di rigetto del gruppo stesso verso uno o più singoli giunti in un momento, se non di confusione e anarchia per i ben noti motivi di decapitazione gestionale e tecnica, quantomeno di insicurezza e disarmonia. Insomma, sembrava che il vecchio avesse seguito a caso i primi venuti - di cui conosciamo bene nomi e cognomi - e il nuovo gli fosse andato dietro per finire in un nulla senza sbocchi e senza futuro.
Questa appariva la reale situazione del Napoli che scendeva, nient'affatto baldanzoso, allo stadio Olimpico Grande Torino ed è a questa situazione che quelli che avrebbero giocato dovevano dare una risposta da uomini.