IL PIZZINO di Urgo: Ma la porta non si apre

Continuità ed equilibrio erano queste le parole chiave per passare, un po' come con un apriti sesamo

il pizzino di urgo ma la porta non si apre
Napoli.  

Il Napoli giungeva alla sfida con la Fiorentina - non proprio una bestia nera ma quasi per gli azzurri - con molte certezze e (ancora) non pochi dubbi. Le prime venivano per lo più dal passato, e precisamente dal lavoro paranoico e certosino di Luciano Spalletti, che aveva saputo dare posizioni e motivazioni a tutti i calciatori partenopei dello scudetto appena conquistato, i secondi dal presente, e segnatamente da un rinnovamento tecnico-tattico ancora incerto e fumoso come molte delle parole pronunciate da Rudi Garcia nelle sue più che noiose conferenze stampa. Come se non bastasse avevamo dovuto sorbirci anche la sterile polemica dell'agente di Mario Rui, tal Mario (pure lui) Giuffredi, che lamentava una gestione "sciagurata" del suo assistito da parte dell'allenatore partenopeo.

Che il tecnico francese faccia cambi tardivi e balzani è ormai noto a tutti, eccetto che alla dirigenza napoletana, ma è anche vero che non è tollerabile questa ingerenza continua dei procuratori ora di questo ora di quel calciatore, famoso o meno che sia, in qualità di tronfi censori ovvero di raffinati tecnici (di parte).

Il caso Osimhen con le esternazioni al vetriolo del suo ricco difensore d'ufficio, Roberto Calenda, ne erano appena state una lampante testimonianza. Di peggio c'era solo il tormentone del "consiglio dei saggi", con la sua incerta lista di nomi e le polemiche inerenti (perfino) agli esclusi (veri o presunti) e alle competenze di convocazione. Insomma, non contenti della meritata sconfitta patita al Maradona per mano del Real Madrid e delle recriminazioni ad essa seguite, ci  arrangiavamo a farci del male da soli, e proprio alla vigilia della partita "più importante" -  per diretta ammissione dello stesso Garcia - di questo primo scorcio di stagione, uno snodo cruciale per capire le voglie e le ambizioni concrete del nostro Napoli. Il boccone da ingurgitare era, come ho già detto, soprattutto per noi, dei più indigesti. E questa volta pareva anche di più.

La Fiorentina, infatti, dopo sette giornate, ci era a pari punti in classifica, aveva fatto quasi il nostro stesso numero di gol - niente affatto pochi - ma ne aveva preso qualcuno in più. Il tema tattico perciò sembrava scritto. Il Napoli avrebbe vinto se fosse riuscito a mantenere la sua capacità realizzativa senza peggiorare però quella difensiva. Continuità (in campionato) ed equilibrio erano queste le parole chiave per passare, un po' come con un "apriti sesamo" di fiabesca memoria. Ma la porta non si apre.