IL PIZZINO di Urgo: Limiti e opportunità della nuova Italia

Chi si aspettava di rivedere (finalmente) la grande bellezza del Napoli scudettato è rimasto deluso

il pizzino di urgo limiti e opportunita della nuova italia
Napoli.  

Non mi sarei perso la prima di Luciano Spalletti sulla panchina dell'Italia per nessuna ragione al mondo. E non per spirito patriottico, che temo di aver irrimediabilmente perduto di fronte alle rinnovate scelte discriminatorie dei vertici federali e arbitrali a vantaggio della solita nota e delle crescenti e impunite prove di razzismo delle nostre tifoserie, bensì per capire cosa del tecnico ormai mezzo toscano e mezzo napoletano vi fosse già nella rappresentativa azzurra. A prima vista direi poco. A eccezione di Gianluigi Donnarumma, nato già grande (e un bel po' presuntuoso), che fa finta di sapere costruire la manovra dal basso, ma in realtà non lo fa né più né meglio di Alex Meret che per questo motivo è stato crocifisso dallo stesso Spalletti nel Napoli che fu, il resto della squadra avrebbe dovuto rispondere alle idee tattiche e ai desiderata bellici del Lucianone nazionale, ma proprio così non è stato. Chi si aspettava di rivedere (finalmente) la "grande bellezza" del Napoli scudettato è rimasto deluso, come tutti quei giornalisti, opinionisti e "addetti ai lavori" che avevano visto nell'andata di Cristiano Giuntoli alla Juventus il vero, unico e solo "grande colpo di mercato" della sessione estiva di acquisti e vendite del nostro sempre più agonizzante mondo del pallone. Niente di che lì, o anche meno, con un immobilismo da far invidia a una società di terza divisione in odore di fallimento, e niente di che qui. Intendiamoci di scusanti il prode Spalletti e il suo staff ne avevano e come. La nazionale non è una squadra di club e assorbire idee, meccanismi e spirito non è semplice per dei giocatori che vengono da altre filosofie e altri scopi. Poi la nazionale non la si allena, la si seleziona e la si mette in campo, niente di più, e pertanto soffre delle multiformi preparazioni atletiche delle squadre di provenienza, peraltro in questo momento largamente inficiate dal recente inizio (zoppicante per qualcuna) della stagione calcistica. Se a queste attenuanti si aggiungono un campo indegno di una coltivazione di patate - è stupefacente che la solerte e impettita Uefa ne autorizzi l'uso a scopi internazionali - figurarsi giocarci di fino e di sussurro (il famoso tiki-taka), e il fatto che all'Italia manchino, per ora senza appello, alcune pedine fondamentali per ricalcare le gesta partenopee che ancora riecheggiano (tra tutte un metodista alla Lobotka e un'ala come Kvaratskhelia), si possono comprendere tanto i limiti attuali quanto le opportunità future della nuova Italia.