Una delle cose più scandalose che sta accadendo al calcio mondiale, nel totale e colpevole (se non connivente) silenzio dei vertici federali calcistici nazionali e internazionali - e come potrebbe essere diverso da così viste le sperticate lodi di Infantino ai mondiali del Qatar - è l'arrivo fragoroso nel mercato degli acquisti e delle vendite dei petroldollari sauditi.
Ogni calciatore è una merce potenziale, da accaparrarsi col minimo sforzo economico e da affascinare col massimo esborso possibile. Chi guadagnava 3 milioni all'anno ne prenderà ora 15 o anche di più, chi 5 fino anche a 30-40. Non è più uno stipendio, ma un vitalizio. Ha ragione Kalidou Koulibaly, che è un ragazzo buono e giusto, non è solo che si diventa ricchi senza particolare impegno (né gioia), ma è che si finisce col cambiare la vita propria e di intere generazioni a venire e, se si vuole, anche quella di fette delle popolazioni di origine. Nessuno è sembrato più di tanto curarsene, anche perché fino a poco tempo fa a venir presi erano soprattutto ex campioni in declino, promesse mai mantenute o arrivisti della peggior specie. Ma qualcosa sta cambiando. Gli emiri, nel tentativo di rilanciare il loro asfittico e inconcludente torneo ed eccitati dal risalto dato loro dall'ultimo "elogiatissimo" campionato mondiale, hanno pensato bene di fare di più e meglio. Si sono messi sulle tracce delle prime donne, di quelli giovani già affermati e che potessero cambiare la fisionomia di una squadra e di un torneo, purchè di proprietà di chi fa fatica a dir loro di no. Qualcuno si è domandato perché invece di prendere Haalland del Manchester City ci abbiano provato con Osimhen del Napoli? La situazione è delicata e merita più di una riflessione. Non si è fatto nulla all'epoca della bolla inflattiva cinese, forse perchè convinti che si sarebbe sgonfiata, cosa poi regolarmente accaduta. Ma questa volta è diverso. Il calcio è il nuovo passatempo degli emiri. Lasciar correre significherà solo ritrovarsi tra qualche anno con due problemi in più. Quello di avere, non si sa per quanto, depauperato il patrimonio tecnico di molte, forse tutte, le squadre europee, rendendole così anche meno appetibili per investitori e appassionati, e quello di aver instillato, questa volta temo per sempre, il germe mortale del potere economico e, forse, perfino di quello politico, in un mondo che era fatto di passioni impareggiabili, valori sportivi e morali imprescindibili ed esultanze popolari senza eguali per purezza e autenticità.