Il calcio cambia ma in Italia si brama (e in maniera ridicola) l'ancién regime

Tutto pur di ignorare ciò che sta accadendo: tra eresie, lodi inutili e snobismo

il calcio cambia ma in italia si brama e in maniera ridicola l ancien regime
Napoli.  

Per la Juve inizia l'Europa League “Che quest'anno è più bella e impegnativa della Champions”. Nelle tv a pagamento clima mesto, a tratti imbarazzato, con qualcuno che si fa promettere che batterà una squadra perché “lo chiede il campionato” (a chi esattamente e per conto di chi?) Nella stampa specializzata articoli e articoli per uno scazzo tra colleghi, nulla su una squadra che sta facendo un'impresa.
Attenzione: se a questo punto della lettura si crede che il fine è l'ennesimo urlo ai poteri forti del nord e all'antinapoletanità si è fuori strada. Se l'opposto all'oggettivo nulla attuale deve essere il tributo imperiale e la decantazione urbi et orbi della magnificenza azzurra, onestamente: chissenefrega. Può far piacere ai tifosi, giustamente, ma lascerebbe il tempo che trova.
Piuttosto il dubbio in una fase del genere è che in questo modo si stia omettendo di raccontare qualcosa: un cambiamento nel calcio e nel modo di fare calcio che i media sportivi italiani, che avrebbero anche il dovere di anticipare i cambiamenti e spiegarli ai tifosi si stanno perdendo.

 

C'è il Napoli che straccia tutte, sì, e c'è anche il Milan che il campionato l'ha vinto a sorpresa l'anno scorso e che oggi batte il Tottenham in Champions. E poi c'è l'Arsenal che è in vetta in Premier spendendo molto meno dei concorrenti. In Spagna c'è il Barcellona che domina: “e capirai” si dirà, vero, ma è altrettanto vero che non è più il Barcellona di Messi, Xavi (che c'è sì ma come allenatore) e Iniesta, ma che ha la sua ossatura e forza in ventenni come Ansu Fati, Gavi e Pedri.
Con un mondiale che si è giocato in Qatar, e che dunque potrebbe sottrarre l'interesse di proprietà che acquistavano Neymar pagandolo non col bilancio di una squadra...ma addirittura di uno Stato, con i cinesi sempre più fuori dal calcio, con i cambiamenti che si profilano sia nelle competizioni che nella distribuzione dei diritti tv forse, non sicuramente, si è davanti a un cambio di direzione del sistema mondiale calcio.

Se il Chelsea che spende 600 milioni di euro sul mercato in una stagione è undicesimo e l'Arsenal in testa alla classifica, se il Milan vince puntando su giovani come Bennacer e Tonali, come il Napoli eliminando big capricciosi e puntando sullo scouting...e se il Psg finisce di nuovo fuori dalla Champions agli ottavi forse un calcio inteso come Leonardo Di Caprio nel meme che butta via i soldi va verso l'archivio.

Un calcio in cui il Milan può permettersi di sbagliare una campagna acquisti, o aspettare (De Ketaelaere) per verificare se effettivamente è completamente sbagliata perché quegli errori sono più sostenibili che prendere Pogba con uno stipendio faraonico per non vederlo giocare mai o lo stesso Di Maria per quanto sia un calciatore fantastico cosa che non si discute.
Si va verso un calcio in cui conta la progettualità di dar tempo ad Arteta piuttosto che stare ai diktat eterni degli agenti per i rinnovi di assistiti quasi sempre troppo esosi, per calciatori quasi mai decisivi.
Certo poi resterà sempre il mercato dei campioni, che è il sale di questo sport, ma probabilmente in questo unico caso con un ritorno al passato: campioni da integrare in quei progetti di cui sopra piuttosto che andare a creare album di figurine assai belli ma quasi sempre poco redditizi e soprattutto, al giorno d'oggi, non più sostenibili.

Ipotesi astruse? Probabile: ma dati alla mano il momento necessiterebbe di una lettura, magari non quella di sopra ma diversa dal gridare al miracolo per un 35enne ormai (evidentemente) a fine carriera che viene a svernare in Italia dedicandogli articolesse persino sulle fattezze fisiche, dall'ignorare ciò che accade auspicando un ritorno dell'Ancien Regime o rendendo un diverbio una violazione dei trattati internazionali.