E' una sconfitta talmente sgangherata e brancaleonesca, quella del Napoli ad Empoli, che fa ridere, più che arrabbiare.
Perdere in 10 minuti con robacce tipo quelle di Malcuit e Meret è gialappesco, ma rende l'idea di ciò che è effettivamente il Napoli: toglie via maquillages (in gran parte mediatici) e scemenze che per l'ennesima volta puntavano a fuorviare, tra esigenze di sensazionalismo e talvolta malafede.
Alla fine la verità viene a galla. Per la verità accade da una decina d'anni puntualmente ad ogni finale di campionato in casa Napoli ma tant'è.
Il Napoli è quello che perde 6 punti con l'Empoli facendogli segnare 3 gol in 7 minuti, che perde in casa con lo Spezia, con la Fiorentina e così via.
E può andare bene, per carità: così facendo si è qualificato in Champions (salvo imprese tipo farsi recuperare 9 punti in 4 partite che pure appaiono possibili visti i chiari di luni). Demeriti altrui? Certo, ma la classifica dice che posto hai fatto e quanti punti hai, non perché.
Potrebbe andar bene a patto di raccontarsela giusta.
Raccontarsela giusta non è parlare immotivatamente di Spalletti come un allenatore che ha conferito mentalità vincente: Spalletti è un allenatore che in carriera ha vinto in Russia, un bravo allenatore che, come tanti altri suoi bravi colleghi è disabituato alla vittoria. E si è visto, semplicemente.
Dunque, gli enunciati che ancora oggi inspiegabilmente continuano “Ha dato una mentalità che lo scorso anno non avevamo”, sono scemenze. E basta.
E lo stesso tecnico, che la squadra evidentemente la conosce, avrebbe dovuto dosare meglio l'eloquio forbito che madre natura gli ha dotato oltre alla visione tattica, seppur con le rispettive proporzioni ad oggi poco chiare. Ha parlato tanto Spalletti, veramente tanto: di scudetto, di stadio, di calciatori...di mentalità...ci si ricordi del post Lazio – Napoli ad esempio... di “sentirla addosso”...già, ha parlato tanto Spalletti. Le conferenze stampa le ha effettivamente dominate tutte, nulla da dire: però tra le manifestazioni d'intenti e il dato concreto c'è stata, spesso, discrepanza. Va detto.
E oggi ha esattamente gli stessi punti di Gattuso, suo predecessore, nonostante le rispettive narrazioni siano state diametralmente opposte: il primo trattato da paria (a non conferma in panchina ormai acquisita, ça va sans dire) il secondo magnificato oltremisura.
La realtà alla fine è quella emersa: è un Napoli capace di vincere a Bergamo come di perdere in casa con Empoli e Spezia o di farsi rimontare partite già vinte come oggi o come col Sassuolo. Insomma: è cambiato veramente poco o nulla, si dica la verità per una volta.
Ed è un ragionamento chiave per il futuro: la realtà è questa, e può andare benissimo, come detto (a patto di fare meno chiacchiere, a tutti i livelli)...se si vuole.