Regionali: il laboratorio andato in fumo del patto Pd-M5s

Arrivano le investiture ufficiali dei candidati, alambicchi e narrazioni non servono più

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Napoli.  

Dopo mesi di silenzi, voci sovrapposte e contrapposte, retroscena, dietrologie e ricostruzioni fantasiose, iniziano le prime investiture ufficiali per i candidati alla presidenza della Regione Campania. 

Da quando è nato il Conte bis i dirigenti nazionali delle due principali forze di governo, Pd e M5S, hanno provato a dare una forma strutturata anche sui territori a questa strana, stranissima alleanza. 
Il primo esperimento fatto nel piccolo laboratorio umbro, portò non solo ad un candidato unico ma addirittura alla foto governativa con quel candidato, con un governo nazionale che per la prima volta ci metteva tutte le sue sfaccettature su una sfida elettorale locale. 
L’esperimento non andò affatto a buon fine e le provette esplosero lasciando l’Umbria intera alla destra dilagante e a un Salvini trionfante e gonfio non solo di orgoglio per la enorme vittoria in terra rossa ma anche da un mese di campagna elettorale passato a cibarsi delle tipicità umbre

Il Movimento aveva provato a riprendere in mano alambicchi e pozioni per tentare ancora ad unirsi anche in altre regioni con il tanto odiato Pd ma la base su Rousseau ha deciso di togliere le ampolline ai dirigenti nazionali e di ricominciare a essere unici e diversi almeno sui territori. Perché giustamente “se proprio dobbiamo perdere, meglio farlo da soli”.

Ma la tentazione di trasformare la Regione Campania in laboratorio politico è forte per tutti e, mentre il governatore uscente si stava già muovendo per predisporre liste civiche, candidati, alleanze e accordi in pieno stile De Luca, capace di mettere insieme di tutto, da Pomicino alla sinistra, passando per Mastella e De Mita, è arrivata la doccia fredda della candidatura alle suppletive per il senato di Sandro Ruotolo. Una candidatura che ha regalato una nuova centralità all’ormai isolato sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, da sempre nemico giurato del governatore uscente. Una candidatura chiusa con il Pd nazionale e che ha i suoi rappresentanti in Campania nel gruppo che da Nicola Oddati, segreteria nazionale, a Marco Sarracino, segretario provinciale di Napoli.

Ieri però il quadro di una possibile alleanza, tanto sognata da molti dirigenti romani di entrambe le forze politiche, è saltato quando la capogruppo del M5S in consiglio regionale, Valeria Ciarambino, con un video sui social, stile Mattarella, ha fatto un “passo indietro” per candidare il ministro Sergio Costa alla presidenza della Regione.
Proposta pianificata, studiata e messa in scena con i leader nazionali che, infatti, subito hanno apprezzato il gesto di Ciarambino e si sono detti pronti alla battaglia ma soprattutto pronti ad allargare a tutti la coalizione. Sinistra Italiana, per quel che conta elettoralmente in Campania, si è subito aggregata ai grillini pur di superare De Luca e de Magistris, pronto ad ogni elezione a scendere in campo, si è affrettato ad elogiare il gesto e il candidato. 

Il Pd però non ci sta, almeno quello regionale che in una direzione senza la presenza dei dirigenti nazionali, ha votato all’unanimità il nome di Vincenzo De Luca come candidato alla presidenza. I fuochi d’artificio, che pure si erano  annunciati in mesi di comunicati e interviste dei vari riferimenti dem, non ci sono stati e se anche Alfonso Andria, avversario interno storico di De Luca, ha lanciato e sopportato la sua candidatura del governatore uscente si capisce che tra i democratici non c’è nessuno disposto a mettersi in contrapposizione con i De Luca. 

Dunque una direzione regionale tranquilla e senza voci fuori dal coro, con il segretario regionale dem Leo Annunziata che, tra un Gramsci e una frase ad effetto, chiarisce in un documento messo in votazione che il Pd è fermo e deciso sul nome di Vincenzo De Luca, che gli iscritti al Pd si candidano esclusivamente nelle liste del Pd e che sarà affidata ad una delegazione formata dal segretario regionale e i segretari provinciali, il compito di portare avanti le trattative con gli alleati. 

Un lunedì di nomi e di scontri, una Campania che dopo tanto rumore rivedrà la stessa sfida di 5 e di 10 anni fa con De Luca che sarà sfidato da Caldoro, il quale, nonostante lo sforzo di molti del centrodestra, resta l’unico nome ad aver avuto il placet di Forza Italia, partito che qui in campania è ancora l’architrave anche elettorale del centrodestra.
Un inizio settimana che ha dimostrato che per quanto il racconto e la narrazione della politica nazionale voglia fare della realtà, sui territori, nelle comunità, tra le persone il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico non sono vicini, non sono alleati e non sono sovrapponibili, anzi sono distanti anni luce. Due comunità che si fronteggiano quotidianamente in ogni realtà locale su temi reali che non possono essere cancellati per dare spazio a laboratori e alleanze che non sanno di politica ma di conservazione dello status quo.