La politica partenopea si presenta, anche al più distratto osservatore, come una maionese impazzita all’interno della quale si muovono populismi e pulsioni di ogni colore. Oggi ciò che a livello nazionale si unisce qui a Napoli si divide, ciò che si allea qui si contrappone, in un continuo rincorrersi di scandali, più o meno grossi, di dichiarazioni roboanti e di rivoluzioni annunciate.
L’ascesa inarrestabile della Lega e del suo leader che i suoi chiamano capitano, ha lasciato il segno anche nella nostra città. E se non bastasse l’elezione in parlamento, tra le file leghiste, dell’ex-missino napoletano Cantalamessa e della creazione in seno al consiglio comunale del gruppo della lega con a capo sempre un ex-missino come Moretto, arrivano le bordate della segretaria della Lega napoletana Simona Sapignoli che scoperchia lo scandalo del Consigliere Sgamabati, arancione doc che vive in una casa di Chiaia ad affitto agevolato. La Lega sta crescendo in città e in provincia e sta mettendo radici. Non è passato troppo tempo dall’accoglienza festante riservata al responsabile dell’Interno tra baciamano e bagni di folla. Eppure solo qualche anno fa la presenza di Matteo Salvini a Napoli scatenò proteste e scontri violenti. Il conflitto politico tra lega e Luigi de Magistris è naturale. Il sindaco infatti tra una buca e un rischio default, trova il tempo per continuare a fare il rivoluzionario a tempo pieno e la sua vicinanza a quella Napoli ribelle e ostinata dei centri sociali, rende naturale la contrapposizione con il Ministro dell’Interno.
Elemento invece che contribuisce a confondere e scompaginare il quadro politico all’ombra del Vesuvio, è l’ostinato tentativo di de Magistris di aprire un dialogo con i 5 Stelle. Gli stessi che con Salvini hanno in ostaggio quei migranti sui quali il sindaco partenopeo ha provato a giocarsi la prossima campagna elettorale per le europee. Gli stessi che hanno dato vita al governo più a destra della storia repubblicana, nel viaggio da Roma a Napoli si trasformano in possibili alleati del Sindaco ex-magistrato che parla di rivoluzioni, che cita Che Guevara ed è sostenuto dai centri sociali. Nonostante in consiglio i due eletti penta stellati restino all’opposizione, Fico e de Magistris si sono strizzati l’occhio più e più volte in questi mesi, arrivando ad ipotizzare alleanze alle prossime regionali ora possibili dopo la svolta di Di Maio di accettare la creazione di coalizioni anche per il Movimento.
Il centrodestra continua ad avere in Mara Carfagna l’eterna promessa candidata che alla fine non si candida mai alle figure apicali.
Anche Potere al Popolo che, dall’OPG occupato di Materdei, lanciò nel 2018 la sfida nazionale, sembra orami prigioniero delle apparizioni televisive del suo “capo politico” Vittoria Carofalo. E ad oggi risulta ancora indeciso sull’appoggio al sindaco o sulla scelta di un percorso autonomo, viste proprio le aperture che il sindaco ha fatto a una delle due forze del governo nazionale. Nel gioco antico della sinistra italiana di misurare a chi è più puro PAP vuole vincere e non accetta le scelte di de Magistris.
In questo quadro fluido e in continua mutazione. In questo panorama scompaginato dove gli alleati diventano avversari e dove tutto si muove in maniera del tutto autonoma dagli equilibri nazionali, l’unico punto fermo sembra l’inconsistenza del Partito Democratico.
Il PD ad un anno dalla drammatica sconfitta del 4 marzo, che a Napoli e in provincia ha assunto dimensioni ancora più drammatiche di quella nazionale, dovrebbe ripartire con le primarie di domenica. Ma il processo, che in città ha sempre assunto i contorni opachi di una gestione poco trasparente, questa volta si è svolto anche nel caos di un gruppo dirigente che ha messo in mostra tutta la confusione che vive nel quotidiano. Il Partito Democratico a Napoli è assente nell’opposizione comunale a de Magistris, è assente dal dibatti politico, è fuori dai luoghi della cultura e del lavoro, è scomparso dalle periferie e non parla più alla città della quale non ha una visione chiara. Il Pd, a Napoli più che altrove, è ripiegato su infinite e logoranti guerre interne e accartocciato nell’incapacità di trovare nuova linfa, nuovi volti e nuove idee.
La venuta di Renzi, a Napoli giovedì per presentare il suo libro, ha fatto tornare alla carica i soliti cacicchi locali, spinti all’azione dal leader fiorentino che è venuto a battere cassa in città. In una sala gremita fino all’inverosimile, con la polizia che ha dovuto tenere fuori le persone per problemi di capienza, sono rimasti sulla soglia anche deputati e dirigenti, è andato in scena l’ennesimo atto di una commedia che ormai sembra essersi trasformata in tragedia. Con un PD che rimette in prima fila Maria Elena Boschi, e con un Matteo Renzi che sembra essere tornato ai tempi delle amministrative. Quelle però il PD le ha già perse nel 2016 e “Un’altra strada”, a guardare bene la situazione napoletana, sembra davvero non riuscirla più a prendere.