Spalla a spalla

De Luca e De Mita hanno attraversato indenni la rottamazione e oggi affrontano i populisti

Napoli.  

Nella sala conferenze del palazzo della Giunta Regionale va in scena un film neorealistico con al centro due protagonisti. Due figure tanto simili quanto agli antipodi, ognuno con il suo stile e con la sua storia. Due uomini che, a modo loro, hanno segnato la storia politica, stando sempre sulla cresta dell’onda tra, apprezzamenti esasperati, critiche feroci e fedeltà incondizionate. 
Due Presidenti tanto diversi eppure tanto simili. Uno è il Presidente della Campania ma per tutti è  e rimarrà sempre il sindaco di Salerno. L’altro è il sindaco di Nusco ma per tutti è e rimarrà sempre il Presidente del Consiglio e della Democrazia Cristiana. 
De Luca e De Mita spalla a spalla parlottano e ridacchiano mentre intervengono gli altri relatori al convegno “Regionalismo differenziato! Autonomia o secessione?”. Proprio come spalla a spalla hanno conquistato la Regione siglando un patto di ferro in una notte pre-elettorale in quel di Marano. Un patto che ha permesso ad un salernitano anti-bassoliniano, di espugnare il sacro graal del bassolinismo, palazzo Santa Lucia.
Hanno due linguaggi, due toni, due visioni e due storie diverse ma hanno in comune la capacità di combattere senza nascondersi e di generare tanti fastidi quanti apprezzamenti. 
Sono loro gli unici ad aver sollevato una questione fondamentale per il Mezzogiorno, quell’autonomia differenziata, che altrimenti sarebbe passata in silenzio con la complicità, forse involontaria, dei vari Di Maio e Fico, intenti a ripararsi dalla serie di sconfitte elettorali infilate di fila nelle ultime settimane. 

De Luca si è formato nel Partito Comunista. Da giovane era impegnato nelle battaglie al fianco dei braccianti Piana del Sele. Durante le lotte contadine il giovane comunista fu anche arrestato, a tirarlo fuori ci pensò Caldoro padre che allora era un deputato socialista. Vincenzo De Luca ha scalato i vari livelli del partito come dirigente, come accadeva solo ai migliori nel difficile percorso del PCI. È stato deputato e poi ha trovato il suo posto, la poltrona che lo ha consacrato a vita. Diventato sindaco di Salerno, ha trasformato quella che era una piccola città, in un centro urbano con la sua fierezza e la sua dignità. Nelle sue sfuriate sulla legalità e contro i “cafoni”, molti ci hanno visto una deriva leghista, ma in relata De Luca esprimeva senza difficoltà l’autorità staliniana unita alla concretezza maoista. Il suo linguaggio diretto, ruvido e senza fronzoli gli ha ritagliato un posto nell’olimpo dei comici di prima serata che lo imitano ma che spesso vengono superati dal personaggio reale. 

De Mita ha una storia politica lunga che lo ha portato ad essere uno degli uomini più potenti della storia italiana. È stato contemporaneamente Presidente del Consiglio e Presidente della Democrazia Cristiana e ha gestito con intelligenza e visione le fasi politiche più difficili e drammatiche del Paese. La sua capacità di ragionamento lo ha sempre messo al riparo da qualsiasi critica sulle sue qualità. La sua proverbiale esperienza nel districarsi tra incarichi, cariche, divisioni e alleanze gli ha garantito una longevità politica che non ha paragoni nel quadro politico mondiale. Riesce ad affossare chiunque provi a fargli le scarpe e ha scoperto e fatto crescere personaggi di spicco del panorama politico italiano. Basti pensare a Romano Prodi o al Presidente Mattarella. Il suo è un linguaggio colto, con il quale riesce ad esprimere un pensiero lungo, ma allo stesso tempo riesce ad interloquire con tutti gli strati culturali del Paese. I suoi scontri sono storici, l’ultimo in ordine temporale in diretta TV contro Matteo Renzi sul referendum costituzionale è uno dei video più visti su YouTube. Lo si ami o lo si odi De Mita non scompare dalla scena politica, non si riesce mai capire se è lui il gigante o gli altri i nani ma la sua presenza ormai per gli italiani è un dato di natura.

Nella sala conferenza del palazzo della Giunta Regionale della Campania, due uomini che hanno fatto della politica una professione e del loro linguaggio, della loro presenza e della loro capacità di avere adepti, qualità fondamentali per raggiungere luoghi di potere inaccessibili per chi parte dai loro territori e dalle loro realtà, hanno rimesso al centro la questione meridionale. Inserendo in un antico dibattito elementi di novità importanti dettati sicuramente dall’attualità ma anche dalla capacità di avere gli occhi della politica attenta, quella che è passata indenne al crollo della prima repubblica, alla rottamazione gigliata e al populismo dei nostri tempi.