Il Pd napoletano prova a superare la logica delle tribù

Del Basso De Caro e l'ex Famiglietti con Martina e Richetti per l'unità

Napoli.  

Mentre a Maurizio Martina Matteo Richetti vengono bloccati dalla stampa, guardando la sala del The Square che ospita il primo appuntamento di coppia del ticket lanciato per la segreteria nazionale, si capisce che le carte sono state mescolate in maniera così forte e decisa che sono stati scompaginati equilibri locali, sedimentati da anni e rotti argini tra correnti e e gruppetti personali che nel Partito Democratico napoletano si sono trasformati in vere e proprie tribù.

Sul palco è pronto il consigliere regionale Antonio Marciano, una vita da bassoliniano. Per seguire la candidatura dell’eterno sindaco alle primarie del 2016, abbandonò Orfini e Orlando per passare nelle fila di Maurizio Martina.

Affianco a Marciano c’è il consigliere comunale Federico Arienzo, nessuno li avrebbe mai immaginati insieme, il “giovane”, quello del video con il Supersantos, che gli ha dato visibilità un po’ ovunque e che ha messo in piedi il progetto politico Tempismo Democratico, con molti giovani amministratori della Campania e che da subito si è schierato al fianco di Richetti.

Con loro c’è la consigliera regionale Enza Amato, da sempre a sinistra e con un bacino elettorale molto forte in città, soprattutto tra Bagnoli e Fuorigrotta.

A fare i saluti ci pensa la segretaria del circolo di Furoigrotta, stesso circolo del primo incontro di Martina dopo la devastante sconfitta del 4 marzo, Antonella Cammardella, mentre a moderare la serata ci pensa Dominique Pellecchia di Tempismo Democratico, segretaria del Circolo Pd di Melito ed ex assessore della giunta di Venanzio Carpentieri.

Un congresso che mescola, mette insieme persone e metodi diversi che mai si sarebbe immaginato potessero convivere nella stessa realtà e invece la sala è piena e le due realtà sembrano fondersi, con armonia nella loro diversità di fondo.

Martina infatti scherzando dice “avrete capito che io sono quello estroverso e Richetti quello timido”, la sala ride e il gioco funziona proprio come in un buon pezzo di cabaret.

In sala si vedono i volti che si erano divisi in città alle primarie, riappare qualche bassoliniano, ci sono gruppi vicini alla senatrice Valeria Valente.

C’è il segretario provinciale Massimo Costa che si prende anche un attacco di Marciano su “un Partito che nei territori non può essere espressione di una sola parte soprattutto negli organismi di garanzia”.

C’è l’ex-segretario provinciale Vennzio Carpentieri, ci sono i riferimenti della sinistra storica napoletana, i ragazzi di tempismo democratico, i referenti dei due leader nazionale anche delle altre provincie e quindi si fa vedere il deputato Umberto de Basso de Caro di Benevento e l’ex-deputato Luigi Famiglietti di Avellino. 

Gli interventi sono studiati con un metodo tipico delle convention renziane, si intervallano i politici con le testimonianze civili e ogni politico si è portato sul palco una testimonianza di una Napoli diversa.

La consigliera regionale Amato parla dell’importanza della parola “fatica” che a Napoli assume una valenza diversa che altrove esprime il dramma e il sogno del lavoro e sul palco fa salire il sindacalista Taglialatela, non è dolce contro un Jobs Act che ha “tolto i diritti perché è una riforma monca”.

Federico Arienzo, da mesi ha iniziato una battaglia contro la Lega razzista e contro le politiche discriminatorie contro i migranti, fa salire sul palco l’attivista di colore Hilarry Sedu che, con accento napoletano, attacca Salvini e il governo. Ripete: ciò che sta accadendo in Italia va contro la “nostra costituzione” e conclude con un perentorio “io sono italiano, Salvini no”.

Antonio Marciano invece non ha alcuna testimonianza “sono una testimonianza vivente” e parla da uomo di partito che oggi ha difficoltà a ridare valore e slancio al progetto collettivo del PD chiedendo chiarezza sul tesseramento e soprattutto un nuovo modo di finanziamento perché oggi si rischia di ridurre il tutto a un gioco tra notabili. 

Richetti parla prima di Martina e prepara la sala, sembra un duetto ben orchestrato. Il senatore candidato alla vicesegretaria nazionale lancia un tema che deve essere quello di evitare le divisioni interne intese come filiere di consenso, perché “se questi ragazzi si vogliono impegnare con noi non possono essere costretti a pagare le conseguenze sul loro territorio”.

Maurizio Martina sembra stanco quando inizia a parlare. Racconta della giornata passata in giro per realtà significative della città. Parla di San Giovanni a Teduccio di quello che era un quartiere industriale, rosso, dove il Pd vinceva e che oggi, invece, è un quartiere dove la criminalità avanza e dove il Pd è ridotto al lumicino. Ringrazia Paolo Siani, anche lui convinto che questa sia l’accoppiata vincente per il Pd.

La polemica con il governatore Vincenzo De Luca, sulla quale Richetti aveva impostato la sua immagine in Campania, è assente. Il senatore non fa nessun riferimento, neanche velato, alla sua immagine di partito che non può essere il collocamento dei figli dei governatori e Martina esalta anche l’azione della Regione Campania sottolineando gli sforzi del Piano Lavoro.

La sala applaude, apprezza ma non si scalda: Martina non è uomo da comizi coinvolgenti. Tutti però vanno via con la sensazione che qualcosa stia iniziando a perdere forma.

A Napoli è partita una nuova realtà politica che segna la fine di alcune tribù locali che avevano scavato trincee e e costruito muri tra mondi e metodi che invece nel Pd non solo possono convivere ma possono lavorare insieme per raggiungere un obiettivo comune.